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Italia dei Diritti

Movimento politico nazionale
per la difesa dei diritti dei cittadini.

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Dal 2011 l'età pensionabile sale a 61 anni, la critica della Sassone

La viceresponsabile per il Lavoro e l'Occupazione dell'Italia dei Diritti: "Una riforma equa di un sistema pensionistico dovrebbe innanzitutto incidere sulle distorsioni del sistema prima di fare la voce grossa con i più deboli, cioè con i cittadini”

 

Roma –  Da gennaio 2011 entreranno in vigore le nuove regole per l'accesso alla pensione di anzianità, che avrà tra i requisiti essenziali il raggiungimento del sessantunesimo anno di età. Sulle novità riguardanti il sistema pensionistico, ha espresso una riflessione Antonella Sassone, viceresponsabile per il Lavoro  e l'Occupazione dell’Italia dei Diritti: “La materia pensionistica è stata sicuramente tra quelle che ha subito più interventi da parte dei governi che si sono succeduti. E’ innegabile che l’invecchiamento della popolazione, unitamente a distorsioni come i baby pensionamenti, incida fortemente sulle casse dello Stato, creando così una vera e propria emergenza. In risposta a ciò si assiste a progressivi aumenti dell’età pensionabile anche per le donne, data l’esistenza di una direttiva comunitaria che in merito impone un’equiparazione tra i due sessi. A questo punto però mi viene amaramente da sorridere: alla tempestività con cui si è reso paritario il sistema pensionistico maschile e femminile non equivalgono altrettanti interventi per far fronte alle disparità di accesso al lavoro delle donne, discriminate, anche economicamente, per tutta la vita lavorativa".

Nello specifico, l’età minima passa da 59 a 60 anni per i lavoratori dipendenti con almeno 36 anni di contributi e cambiano anche le regole sulle finestre per l’uscita già introdotte in luglio: per usufruirne occorrerà aspettare almeno 12 mesi dal soddisfacimento dei requisiti, sia di anzianità sia di vecchiaia. “Non c’è corrispondenza tra gli interventi di natura economica sulle povere pensioni dei cittadini e quelle ricchissime di politici e faccendieri di Stato - continua la Sassone -. Per non parlare della disparità tra normali lavoratori e politici circa l'età pensionabile. Una riforma equa di un sistema pensionistico - conclude la rappresentante del movimento presieduto da Antonello De Pierro - dovrebbe innanzitutto incidere sulle distorsioni del sistema prima di fare la voce grossa con i più deboli, cioè con i cittadini”.

Sbarchi clandestini nel Crotonese, lo sdegno della Roi

La responsabile per la Calabria dell’Italia dei Diritti.“Siamo di fronte all’ennesima vicenda di delinquenza e sfruttamento che fa leva sulle debolezze e le necessità altrui"

Roma – Ennesima storia di sbarchi clandestini. Nel tardo pomeriggio di ieri, nel Crotonese, è stato fermato un veliero, battente bandiera russa, con a bordo 137 immigrati di origine bengalese e irachena. La nave è stata intercettata nei pressi di Crotone dal  reparto aeronavale della Guardia di Finanza, che sta ancora indagando con l’intento di individuare gli scafisti alla guida del veliero, responsabili di aver condotto gli emigranti illegittimamente. In merito è intervenuta   Pamela Roi, responsabile per la Calabria dell’Italia dei Diritti:  Siamo di fronte all’ennesima vicenda di delinquenza e sfruttamento che fa leva sulle debolezze e le necessità altrui, in questo caso di poveri immigrati che vengono nel nostro Paese con la speranza di un lavoro certo e invece vengono sfruttati già prima di arrivare in Italia, umiliati nella loro dignità e trattati come bestiame, visto che nella maggior parte di questi casi, viaggiano in condizioni pessime”. A seguito delle procedure di identificazione, 137 clandestini sono stati scortati nel centro "Sant’Anna" di Isola Capo Rizzuto. “Sulla vicenda, meritano un plauso le forze dell’ordine – conclude l’esponente del movimento presieduto da Antonello de Pierro -, le  quali tentano di individuare i colpevoli cercando di contrastare la criminalità che sfrutta i più deboli”.

 

Anselmi su romeno picchiato da ex-poliziotto nel Viterbese

Il responsabile provinciale dell’Italia dei Diritti:“Il conflitto vero che viviamo ogni giorno, sopito e non manifesto, non è tra poveri italiani e stranieri, ma tra bisognosi che non hanno diritti e furbacchioni che godono di privilegi”


Roma – Al contrario di quanto diffuso inizialmente da alcuni giornali locali, il manovale romeno di 62 anni di Fabrica di Roma, in provincia di Viterbo, che la sera del 10 ottobre scorso è stato denunciato per lesioni personali dal conducente di un carro attrezzi, ex-poliziotto, chiamato dai carabinieri per portare via l’auto di un suo amico connazionale in divieto di sosta, sarebbe la vittima e non l’autore dell’aggressione. Questo è quanto si desume dal video filmato con il telefonino dallo stesso protagonista della vicenda, diffuso su internet e ripreso da alcuni telegiornali nazionali.

 

Sullo spiacevole episodio è intervenuto il responsabile per la provincia di Viterbo dell'Italia dei Diritti, Gualdo Anselmi: “Non la ritengo una storia di razzismo, ma di malcostume, che potrebbe capitare a qualsiasi normale cittadino. Se l'auto fosse appartenuta a una persona ‘importante’ forse ci sarebbe stato un epilogo a lieto fine”.

 

“Nei mesi e negli anni precedenti a Fabrica di Roma – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – ci sono stati altri episodi di contrasti più o meno violenti tra romeni e italiani. Attualmente i cittadini stranieri sono quasi un migliaio in un paese di 8.000 abitanti e credo fermamente che sia più ragionevole smorzare i toni e non gettare benzina mediatica sul fuoco, ossia non prendere a pretesto questi fatti per accusare da una parte di razzismo e da quell’altra di sciovinismo. Il conflitto vero che viviamo ogni giorno, sopito e non manifesto, non è tra poveri di qualsiasi nazionalità, ma tra bisognosi che non hanno diritti e furbacchioni che godono di privilegi”.

 

“L'Italia dei Diritti – conclude Anselmi – s’impegna in prima linea per combattere i quotidiani soprusi di una casta politica che aizza i contrasti tra cittadini, allo scopo di poter continuare indisturbata a fare i propri affari”.

 

Il maltempo blocca Roma, per Soldà responsabilità del Comune

Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Il rischio di allagamento delle banchine si poteva evitare attraverso un piano preventivo  con cui si sarebbero dovute monitorare  le aree a rischio”


Roma – A causa del maltempo e del forte temporale che si è abbattuto nel tardo pomeriggio di ieri sulla città eterna, si sono registrati molti disagi alla circolazione in città.  Secondo la protezione civile, a causa delle forti precipitazioni delle ultime ore si potrebbe verificare  un innalzamento del fiume Tevere nel tratto urbano: gli idrometri posizionati a Ripetta, infatti, alle 17:30 hanno segnalato un livello delle acque pari a 5.71 metri, "con tendenza all'innalzamento". Sui disagi in cui sono incappati i  romani ha espresso un parere Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Il rischio di allagamento delle banchine si poteva evitare attraverso un piano preventivo  adeguato con cui si sarebbero dovute monitorare le aree a rischio, pensiamo ad esempio alla mancata manutenzione dei tombini che si riempiono di pioggia ogni qualvolta che c’è un temporale violento o agli scarichi fognari” . Per far fronte a tali disagi ieri pomeriggio sono stati impiegati 20 associazioni di volontari e le squadre del Servizio Giardini, che hanno provveduto alla rimozione di alcuni rami di alberi nei  municipi  IV, VI e XVII . “Nonostante l’impegno della protezione civile ancora una volta i romani dovranno pagare lo scotto per la leggerezza dell’amministrazione capeggiata dal sindaco Alemanno – conclude l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro - , poiché è scientificamente provato che Roma è una città ad alto rischio allagamenti”.

 

Assolti imputati strage piazza della Loggia, lo sconforto di Girlando

Il responsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti: “Lo Stato ha dimostrato ancora una  volta la sua debolezza”

 

Roma – Ennesima strage senza colpevoli. Dopo trentasei anni, il massacro di piazza della Loggia a Brescia, che provocò otto morti e più di cento feriti, resta privo di mandanti ed esecutori. “Bruttissima pagina d’ingiustizia nazionale”. Così commenta a freddo la notizia un amareggiato Giuliano Girlando, responsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti.

 

Dopo quasi vent’anni di indagini e 166 udienze in circa due anni di dibattimento, i giudici della Corte d’assise di Brescia hanno assolto i cinque imputati per insufficienza di prove. “Da questo processo si è evinta chiaramente una mano politica nei fatti - continua Girlando -. Al di là dell’insufficienza di prove, dai rapporti di Zorzi e Maggi con diversi personaggi politici, venuti a galla durante il dibattimento, era palese la connessione tra l’estrema destra e lo Stato”.

 

Dunque, assoluzione oltre che per l’ex esponente dell’Msi Pino Rauti, già richiesta dalla stessa procura di Brescia, anche per il generale dei carabinieri Francesco Delfino, per l’ex ordinovista Carlo Maria Maggi e per il collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte. Revocata, infine, la misura cautelare per l’altro neofascista coinvolto, Delfo Zorzi, ormai cittadino giapponese. “Lo Stato ha dimostrato la sua debolezza - conclude l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro -, la quale rimarrà tale fino a quando non si cancellerà definitivamente il segreto di Stato sulle stragi nazionali”.

Sciopero fame di Paola Caruso ridà voce ai precari, la reazione della Piredda

La viceresponsabile per la Lombardia dell’Italia dei Diritti : “Benvenuti in Italia. Il Paese del lavoro sfruttato.  Il precariato è il più grosso  escamotage per ridurre il costo dei lavoratori, le loro certezze ed aumentare la loro ricattabilità”

 

Milano -  Paola Caruso, la giornalista precaria del Corriere Della Sera che da cinque giorni era in sciopero della fame, ha ripreso a mangiare, ma la sua dolorosa protesta continua a scuotere l’opinione pubblica e le coscienze di molti nella sua stessa condizione.

 

Le tante ore di lotta estrema, documentate sul web, non hanno lasciato indifferente Maruska Piredda, viceresponsabile per la Lombardia dell’Italia dei Diritti, immediatamente solidale con la giovane donna e con quanti vivono il medesimo disagio. “Paola Caruso non ha chiesto un lavoro a tempo indeterminato. – interviene la Piredda - Sa che in Italia questa parola è destabilizzante, così come la parola ‘meritocrazia’. Lei ha chiesto di essere premiata. Anela che le sia riconosciuto il suo interminabile lavoro di collaboratrice, tradotto, lavoratrice sfruttata,  per 7 lunghi anni senza ferie, malattia, maternità, tredicesima o possibilità di aspettativa. Lei aspettava che si liberasse un posto a tempo determinato. Non ha fatto altro che sperare, lecitamente, in una maggiore certezza e garanzia. Viene chiamata ambizione. Ma in questo paese le speranze sono al termine. un precario che ha vissuto i suoi ultimi 7 anni collaborando a tenere in piedi un quotidiano, perché chiunque deve sapere che ormai alcuni giornalisti vengono addirittura pagati ad articolo, ha il diritto di protestare e il Paese ha il dovere di ascoltarla”.

 

Solidarietà e attenzione cresciuta attraverso la rete, popolata e invasa dalle testimonianza di laureati e professionisti in attesa di futuro, che si sfogano, confrontandosi. La loro speranza è che lo sciopero della fame della collaboratrice del quotidiano di Via Solferino possa essere uno stimolo, un violento modo per cambiare una situazione insostenibile.

 

“Benvenuti in Italia. Il Paese del lavoro sfruttato. – prosegue  indignata l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – Nel 2009, in un famoso talk show ‘Porta a Porta’, il nostro Premier ha dichiarato che in Italia vi è una protezione sociale totale  per cui vi sarebbero ammortizzatori sociali anche per i co.co.co e co.co.pro. Nulla di vero, bugie su bugie e i dipendenti lo sanno bene. Il precariato è il più grosso escamotage per ridurre il costo dei lavoratori, le loro certezze ed aumentare la loro ricattabilità. Benvenuti nel paese – chiosa la Piredda - in cui dichiarare la parola ‘crisi’ salva e giustifica qualunque impresa dallo stabilizzare i  precari”.

 

La Scoleri con la Zanardo contro l’umiliazione televisiva delle donne

La viceresponsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti: “Piena e incondizionata solidarietà ad una donna degna di essere definita tale”


Roma – “Noi tutte dovremmo sentire il peso della vergogna ricaduta sul genere femminile ogni volta che ci capitano davanti immagini come quelle descritte dalla Zanardo, praticamente ventiquattro ore al giorno, fatti alla mano”. Così Francesca Scoleri, viceresponsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti, in merito alla lotta contro l’uso maschilistico del gentil sesso in tv portata avanti da Lorella Zanardo, autrice del documentario “Il corpo delle donne”.

 

“L’unità a cui fa appello è giusta, saggia, indice di coscienza matura, sensibile alla mortificazione - evidenzia la Scoleri -. Il punto cruciale è che non è colpa degli uomini se la condizione della donna è cosi tristemente degenerata, al punto da essere sempre più spesso rappresentate da bambole gonfiabili. No, la colpa è delle donne e questa è una battaglia fra donne. Fra coloro che vogliono cadere nella trappola dell’apparire a scapito della dignità e coloro che ritengono che l’apparire ha senso solo se in armoniosa presenza di corpo e anima, di cuore e cervello”. Dunque, sostegno massimo dell’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro alla tesi della documentarista, secondo la quale si è arrivati al paradosso che tra donne si commenta il proprio aspetto fisico, attraverso quello che credono essere lo sguardo dell’uomo.

 

“Diffondiamo l’appello - conclude la Scoleri, sulla controrivoluzione prospettata dalla Zanardo -. Diffondiamolo in televisione, nelle piazze, ovunque, purché si possa risollevare l’indegna rappresentanza, troppo spesso origine di violenza incontrollata da parte di uomini brutali”.

Operaio schiacciato da una pressa a Cassino, per Soldà è emergenza morti bianche

Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti:“La società intera, ma soprattutto il mondo imprenditoriale, deve entrare nel merito in maniera seria e duratura nel tempo attraverso un modo di procedere che coinvolga tutti i lavoratori, soprattutto in quelle attività in cui il pericolo di incidente è indubbiamente alto”

 

Roma –  Schiacciato da una pressa mente svolgeva il suo turno. Questa la straziante fine di Bruno D’Alessandro, 52 anni, marito e padre di due figli, operaio presso la Cartiera di Cassino, in provincia di Frosinone, l’ultima vittima, in ordine di tempo, delle morti sul lavoro.

 

“Il dramma delle morti bianche, - interviene Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti – è una grande piaga del nostro paese che, nonostante passino gli anni, non si riesce a debellare. I dati parlano chiaro: oltre 365 morti l’anno, il che significa più di una vittima al giorno. Un problema davvero grande che ha bisogno della massima attenzione per essere vinto, come sostiene anche il Presidente della Repubblica. Ci adoperiamo in studi e facciamo grandi scoperte scientifiche al fine di annientare le malattie e migliorare la qualità della vita quando poi esistono nel mondo del lavoro delle nicchie, delle tipologie professionali per cui le morti bianche sono all’ordine del giorno”.

 

D’Alessandro, stava tentando di scoprire l’origine del guasto del macchinario che si era appena riavviato quando è  stato  risucchiato e inghiottito dagli ingranaggi. Nonostante il rapido soccorso prestatogli purtroppo non c’è stato nulla da fare e l’uomo è poi spirato nel vicino ospedale di Cassino. 
Al fine di comprende l’andamento dei fatti  è stata attualmente avviata un’indagine dai Carabinieri della cittadina del frusinate.

 

“La società intera – prosegue Soldà - ma soprattutto il mondo imprenditoriale deve entrare nel merito in maniera seria e duratura nel tempo, attraverso un modo di procedere che coinvolga tutti i lavoratori, soprattutto in quelle attività in cui il pericolo di incidente è indubbiamente alto come nel caso specifico. Tutti devono essere sensibilizzati ad investire in sicurezza perché non sono soldi spesi male, ma risorse che ricadono in maniera proficua e ottimistica sull’ente o sullo stabilimento. Una pagina oscura e dolorosa per l’Italia intera questa delle morti bianche, – conclude l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - rispetto alle tante cose che facciamo di buono, alle scoperte, alla crescita dell’aspettativa di vita. Se ne parla da molti anni ma il numero di chi perde la vita sul lavoro è purtroppo ancora sensibilmente alto.”

 

 

 

Sagre e Festival in Campania con soldi europei, parla Di Mauro

Il viceresponsabile regionale dell’Italia dei Diritti: “I fondi comunitari servono per affrontare le priorità impellenti, non per finanziare spettacoli televisivi”


Napoli  –  Gli ispettori inviati dal ministero dell’Economia hanno evidenziato nel loro dossier di 236 pagine che gran parte dei fondi europei arrivati nelle casse regionali non sono stati utilizzati per attenuare il forte debito pubblico della regione, bensì per finanziare eventi culturali come la serata di Mare Moda Capri 2007, parte dello sceneggiato Capri 3, il premio Charlot e partecipazioni a fiere a livello europeo come   Vinitaly, la Bit di Milano, il Vinexpo di Bordeaux, il Fruit logistica di Berlino, il Prowein di Dusseldorf.

 

“La nostra Regione ha da tempo delle priorità impellenti da affrontare e partecipare a fiere o finanziare serate e sceneggiati televisivi non credo siano tra queste. Troppo spesso i fondi europei sono utilizzati per  attività poco produttive e fini a se stesse” ha sottolineato Angelo di Mauro Viceresponsabile dell’Italia dei Diritti per la Campania .

 

“L’unica giustificazione che si potrebbe dare ad un simile errato comportamento è che in Campania i fondi che arrivano sono pochi rispetto alla reale necessità del nostro territorio” ha proseguito l’esponente regionale del movimento guidato da Antonello De Pierro “ Bisognerebbe poter avere un salvadanaio in cui congelare il denaro ricevuto per poi poterlo utilizzare nel momento del bisogno, ma le leggi comunitarie prevedono che i fondi arrivati vengano utilizzati entro un determinato periodo di tempo, dopo il quale tornano automaticamente nelle casse europee  ”.

 

Tabaccai presi in assalto da rapinatori, la riflessione di Soldà

Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti:”Un dato allarmante che ci fa capire come la sicurezza sia un problema sociale ancora da risolvere”

 

 

Roma – Un bottino di 2 milioni di euro ed oltre 200 colpi messi a segno nel solo periodo del 2010. Sembrerebbero i tabaccai una delle categorie commerciali più frequentate dai rapinatori. La Fit, l'associazione che raggruppa le tabaccherie della Confcommercio, denuncia il dato allarmante che riguarda più di cinquemila esercizi nel Lazio di cui tremila nella sola Capitale. Dal 1993 ad oggi arriva a 20 il numero degli esercenti uccisi nel corso di rapine in tutto il territorio nazionale.

 

“La situazione è allarmante per questi lavoratori che portano avanti una propria attività. Oltre a rischiare l’onere e tutte le conseguenze economiche dovute ad una rapina c’è anche quello personale e fisico poiché di fatto si mette in pericolo la propria incolumità”. Così interviene il vicepresidente dell’Italia dei Diritti, Roberto Soldà, nell’esprimere il suo parere sulla questione. “ In questo modo si rischia di mettere in ginocchio le categorie commerciali già largamente colpite da una congiuntura economica sfavorevole e da una crisi di livello nazionale e mondiale” .

 

“Il problema ci pone davanti anche a dei temi delicati come quello della sicurezza.- continua l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro. “Il dato denunciato ci fa capire come purtroppo questa sia una questione alla quale non si è data ancora una risposta, una parola priva di contenuto. Se questa è la situazione, sommandola a tanti altri fatti, di conseguenza si capisce come la percezione che il cittadino ha sulla sua sicurezza è tutt’altra cosa rispetto ai dati ufficiali che ci vengono normalmente descritti”.

Italia sull’orlo del disastro economico, l’attacco della Infelise

 

La responsabile per l’Economia e le Finanze dell’Italia dei Diritti: “Ciò che serve è una politica che intervenga concretamente, ma in Italia è la grande assente”

 

Roma, 16 novembre 2010 – L'Eurozona è sempre più in crisi. Irlanda e Portogallo, secondo gli economisti, saranno i prossimi a richiedere assistenza finanziaria al c.d. fondo salva stati istituito dall’Unione Europea lo scorso maggio, con sede a Lussemburgo. Ma il rischio default non preoccupa solo Dublino e Lisbona, infatti all’inaugurazione della due giorni di vertice comunitario, oggi si riunisce l’Eurogruppo e domani l’Ecofin, i dati Eurostat sono impietosi per tutti i Paesi dell’eurozona.

“Sono tempi difficili, il vecchio continente è in grande difficoltà e siamo tutti spaventati”, ha commentato Lilia Infelise, responsabile per l’Economia e le Finanze dell’Italia dei Diritti. Che ha aggiunto: “I paesi emergenti dell'Asia  continuano a guidare la ripresa, in questa area saranno creati 14 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi cinque anni. Stiamo attraversando la crisi del mondo industrializzato. L'Europa è la più colpita, con una disoccupazione che si attesta su 9-10% e che non accenna a ridimensionarsi, un deficit intorno al 7-8% del Pil e un indebitamento pubblico stimato sopra il 100% del Pil, sino al 2014.”

“In sostanza – ha proseguito la sua analisi la responsabile economica del movimento guidato da Antonello De Pierro – si sta delineando il graduale spostamento del baricentro dell’economia mondiale dall’Atlantico al Pacifico. L’unica soluzione, per noi europei, è trasformare completamente il nostro modello di sviluppo, non rincorrendo la fata morgana  dei bassi costi, bensì perseguendo e ribadendo i fondamenti culturali dell’Europa: multiculturalità, coesione ed equità, uguaglianza di genere, ricerca e innovazione al servizio di un nuovo contratto sociale tra territori, tra generi, tra generazioni.”

Guardando in casa nostra, la responsabile per l’Economia dell’IdD ha dichiarato: “Non preoccupano tanto i dati sul debito, destinato a crescere ai livelli limite in tutta Europa, quanto la strutturale debolezza del nostro Paese che è entrato nella crisi con una grave fragilità ed ha disatteso ogni aspettativa di intervento profondo e incisivo, per riforme radicali  del fisco, del mercato del lavoro, del credito e della ristrutturazione della spesa pubblica”.

“Ciò che serve in Italia, come in Europa, - ha concluso la Infelise – è una politica che intervenga concretamente sulla bassa produttività del lavoro, gli alti tassi di crescita della disoccupazione ed il crescente divario tra i dati strutturali del mercato del lavoro, tra zone maggiormente produttive e resto del Paese. La politica conta, ma è la grande assente in Italia”.

 

Ufficio Stampa Italia dei Diritti

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