Il presidente dell’Italia dei Diritti: “Ho delle perplessità sul fatto che l’agente abbia sparato pensando di uccidere Sandri all’interno dell’abitacolo”
“È una sentenza che pone inevitabilmente alcuni interrogativi, il primo, su cui interrogarci, riguarda sicuramente l’equità della giustizia nel nostro Paese, sia da un grado di giudizio all’altro che da un tribunale all’altro della penisola. Spesso, infatti, il destino di un imputato e l’ottenimento di giustizia della parte lesa sono affidati anche alla fortuna. Senza dimenticare che anche i magistrati più bravi possono sbagliare, errare humano est”. Questo il primo commento di Antonello De Pierro, presidente dell’Italia dei Diritti, alla sentenza di secondo grado per l’omicidio Sandri.
“Non è facile entrare nel merito di questa sentenza non avendo letto le motivazioni – ha proseguito De Pierro -, sono certo che l’organo giudicante avrà valutato attentamente ogni tassello, anche quello più minuscolo della vicenda”. D’altro canto non è facile neppure per la mente più arguta capire cosa sia passato quella mattina, che ha cambiato drammaticamente le vite della famiglia Sandri e dello stesso Spaccarotella, per la testa all’agente di polizia”.
“Mi sembra evidente, però, che lui non abbia potuto sparare pensando di uccidere il giovane tifoso laziale che si trovava all’interno dell’autovettura”. Spaccarotella ha sbagliato, è stato incosciente ed è giusto che paghi, ma resto della mia convinzione: non può aver sparato pensando di uccidere la persona all’interno dell’abitacolo, non riesco a pensare che sia stato un atto volontario”, ha voluto sottolineare il responsabile nazionale IdD.
“Si tratta di una condanna esemplare – ha proseguito De Pierro – che fa a cazzotti con quella comminata ai quattro poliziotti che hanno ucciso Federico Aldovrandi a Ferrara. In base ai fatti e alla conoscenza che ne ho in quel caso sono andati veramente con i guanti di velluti nel giudizio. Personalmente considero molto più grave quell’episodio che non questo provocato da Spaccarotella”.
La famiglia di Gabriele Sandri, presente in aula al momento della lettura della sentenza di condanna, si è detta soddisfatta.
“Ritenevo tecnicamente più giusta la condanna di primo grado. Se nell’autogrill dove si trovava Sandri ci fosse stata una rapina con un morto e Spaccarotella avesse ucciso il rapinatore in fuga, l’atteggiamento sarebbe stato lo stesso o l’agente sarebbe diventato un eroe?Ora aspetteremo il giudizio in Cassazione augurandoci che si trovi il giusto compromesso tra la sacrosanta esigenza di giustizia della famiglia della giovane vittima e la pena da comminare all’agente che ha avuto in ogni caso un biasimevole comportamento”, ha concluso il presidente dell’Italia dei Diritti.
L’organizzazione extraparlamentare interviene sul posto per esprimere la propria solidarietà nelle persone del responsabile per la Giustizia, Giuliano Girlando, e del responsabile per le Mafie e la Criminalità Organizzata, Francesco Barbato
Roma – Ignazio Cutrò e Valeria Grasso, due coraggiosi imprenditori siciliani che hanno denunciato il racket della mafia ai loro danni, si sono incatenati stamattina, intorno alle ore 10 circa, davanti al Viminale per protestare contro la condizione di abbandono in cui li ha lasciati lo Stato italiano, dopo che, grazie alla loro collaborazione, alcuni esponenti dei clan Madonia e Di Trapani sono stati assicurati alla giustizia. Chiedono risposte al ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e alle istituzioni, sia per garantire la tutela di tutti quegli imprenditori che permettono di far arrestare i loro estorsori, sia per quei collaboratori di giustizia che, come loro due, vengono costantemente minacciati di morte dalla mafia. Questa protesta di disobbedienza civile è volta, inoltre, a reclamare il ripristino delle loro attività commerciali, considerato che, dopo le denunce, le rispettive imprese hanno perso clienti e subito disagi professionali.
Sono intervenuti sul posto per esprimere la propria solidarietà e vicinanza due esponenti del movimento nazionale Italia dei Diritti, il responsabile per la Giustizia, Giuliano Girlando, e il responsabile per le Mafie e la Criminalità Organizzata, Francesco Barbato. L’organizzazione extraparlamentare presieduta da Antonello De Pierro, per voce di Girlando fa sapere che appoggia l’iniziativa e invoca un’immediata risposta dal ministro Maroni.
Nel merito della questione entra più dettagliatamente Francesco Barbato, che dichiara: “Ignazio Cutrò e Valeria Grasso sono stati praticamente dimenticati dallo Stato, malgrado il loro prezioso aiuto che, anni fa, ha consentito di sgominare i clan mafiosi Madonia e Di Trapani. Già lo scorso anno feci un’interrogazione parlamentare a sostegno di questi due imprenditori. Ma l’attuale Governo è sordo rispetto ai veri problemi che la criminalità organizzata arreca ai nostri connazionali. Un Esecutivo che ‘arresta’ mafiosi e camorristi non fa invece quanto dovuto per i cittadini come Cutrò e Grasso, i quali rischiano la loro vita per aver aiutato lo Stato. Insomma – incalza Barbato –, pretendiamo di essere ascoltati dal ministro dell’Interno, che ho personalmente contattato per telefono e, poiché era impegnato, mi ha detto che mi avrebbe richiamato successivamente. Nel frattempo io resto qui finché qualche rappresentante del Governo non presti attenzione a questa vicenda”.
Poi, sottolineando il senso del dovere che le istituzioni nazionali sono obbligatoriamente tenute ad osservare, Barbato rimarca: “La sicurezza ai cittadini la si offre stando davvero accanto a persone come Cutrò e Grasso, con atti veri e non con la propaganda. Aggiungo anche che ormai sono diventato il 113 per le chiamate d’emergenza degli italiani, nel senso che sono stato avvertito di questa mobilitazione mentre ero impegnato in un incontro di lavoro, e appena sono arrivato di fronte al Viminale ho visto agenti della Polizia che tentavano di tagliare le catene ai polsi dei due manifestanti, per impedirne la protesta. Io continuerò a svolgere il mio servizio personale di 113 per difendere i diritti dei cittadini. Pertanto – conclude perentorio l’esponente dell’Italia dei Diritti –, resto qui a sostenere i due testimoni di mafia fin quando Maroni e il Governo non ci presteranno ascolto”.
La viceresponsabile per i Beni Culturali dell’Italia dei Diritti: “Si taglia in settori giudicati ingiustamente inutili, ma la cultura deve essere tutelata”
Roma – “La Polverini ha il dovere di dare spiegazioni per quanto concerne questi fondi bloccati”. Così commenta Federica Mariotti, viceresponsabile per i Beni Culturali dell’Italia dei Diritti, la sospensione dell’erogazione dei pagamenti per i fondi europei Fas, assegnati dalla regione Lazio sotto la gestione della giunta Marrazzo e destinati ad interventi di ristrutturazione e costruzione di circa 80 teatri laziali.
“Si continua a tagliare in settori ingiustamente giudicati inutili - continua la Mariotti -. La cultura deve essere tutelata sempre, in particolar modo nei periodi di crisi”.
Inoltre, la giunta Polverini ha bloccato anche i fondi Por dell’Unione Europea relativi al periodo 2007-2013, destinati ad interventi su beni culturali di diversi comuni del Lazio e già affidati con procedura pubblica dal precedente esecutivo regionale. Si tratta di 35 milioni di euro che, con ogni probabilità, saranno destinati ad altro. “È inammissibile - conclude l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro -. Se tali fondi sono stati già assegnati, è giusto che vengano erogati ed utilizzati per quei motivi”.
Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: "La qualità e l’efficienza devono essere premiate, ma è necessario comunque un controllo superiore sulle risorse a disposizione affinché non vengano impiegate inutilmente”
Roma – “Quello da prendere in massima considerazione è la salute del malato e ogni soldo speso in tal senso non può che essere lodato”. Con queste parole il vicepresidente dell’Italia dei Diritti, Roberto Soldà, esprime il suo parere in merito all’iniziativa promossa dall'ospedale Agostino Gemelli di Roma per l’adozione del nuovo dispositivo informatico Ipad che tra breve potrebbe sostituire la vecchia e obsoleta cartella clinica, facilitando così il compito dei medici.
“Ciò che auspichiamo è che si ottenga il massimo risultato al minor costo, anche per un ospedale privato che prevede dei servizi in convenzione – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro. La qualità e l’efficienza devono essere premiate, ma è necessario comunque un controllo superiore sulle risorse a disposizione affinché non vengano impiegate inutilmente. I diritti del malato prima di tutto”.
Carmine Celardo viceresponsabile regionale del movimento nazionale : “Al fine di tagliare i buchi dovuti a malcostume, attività truffaldine e corruzione, si è staccato uno dei bilanci negativi peggiori per la sanità. Con lo scopo di tappare le falle chiudono interi ospedali e ambulatori”
Roma – Un cittadino romano che necessita di effettuare una ecografia al gomito in una struttura pubblica deve aspettare 8 mesi. Tra le varie denunce arrivate all’Italia dei Diritti questa ci ha colpiti profondamente, un episodio gravissimo che si disperde tra le varie lungaggini per prestazioni cliniche, così frequenti nella nostra regione da non fare quasi più scandalo.
Sui fatti è netto l’intervento di Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio del movimento presieduto da Antonello de Pierro: “I numeri sono allarmanti. Si parla di 340 giorni per un’ecografia addominale, come da denuncia al Tribunale per diritti del malato. Le liste di attesa sono da record, non si può pensare di renderle più corte dal momento che hanno ridotto le strutture anziché aumentarle. Nel Lazio al fine di tagliare i buchi dovuti a malcostume, attività truffaldine e corruzione, si è staccato uno dei bilanci negativi peggiori per la sanità. Per risanare i conti chiudono interi ospedali e ambulatori. Probabile che ci sia, dal nostro punto di vista, una incapacità gestionale complessiva. Nella nostra regione le promesse mai mantenute della cura Storace, non hanno sanato il bilancio, Marrazzo ha poi mantenuto lo stesso trend e da quando è arrivata Renata Polverini siamo addirittura in una curva ascendente. Riscontriamo problemi di attesa non solo nell’area diagnostica ma anche in quella specialistica, nell’attesa per interventi chirurgici. La sanità laziale sicuramente soffre l’invecchiamento della popolazione e l’ enorme spesa pubblica per l’ assistenza di persone non residenti che domiciliano per lavoro nella regione ma non ritengo che i costi siano così superiori ti rispetto al resto d’Italia”.
Sdegno e sconforto nella testimonianza arrivata all’Italia dei Diritti, ennesimo esempio della condizione in cui versa la sanità locale. Un esame diagnostico necessario andrebbe effettuato in tempi ragionevoli, compatibili con i diritti di chi si rivolge alle strutture pubbliche per essere assistito.
“Il fatto è che siamo arrivati all’assurdo – prosegue Celardo - , a livelli da terzo mondo. In alcuni casi, da un esame al gomito si può scoprire l’insorgenza di un tumore osseo, basta un’ecografia pelvica per salvare la vita di una donna. Le attese per i controlli in maternità spesso hanno tempi maggiori della gravidanza stessa. Il fatto grave è che l’ assessore regionale si nasconde dietro sterili numeri quando nei fatti stanno operando un’azione di taglio nelle realtà del Lazio considerate rami secchi, in questo modo non fanno che gravare sui centri poli-specialistici di eccellenza dove abbiamo già lunghe attese. Mi domando – chiosa - quale sia la volontà della Polverini, ci viene il sospetto sia il trasferire tutto indiscriminatamente nelle mani del privato. Se tale è la politica della sua Giunta avrebbero dovuto dirlo in campagna elettorale, se questa è la prospettiva non possiamo che chiedere la sfiducia”.
Presso il Commissariato di Polizia e la Stazione dei Carabinieri il modello prestampato per l’esercizio del diritto di querela riporta il termine perentorio di 90 giorni anziché quello di tre mesi come previsto da norma codificata
Roma – Una nuova iniziativa a tutela dei cittadini coinvolge in questi giorni l’Italia dei Diritti. Il movimento extraparlamentare fondato e guidato da Antonello De Pierro rivolge infatti la sua attenzione su uno dei nutriti problemi che rallentano e ostacolano l’apparato burocratico delle istituzioni pubbliche, le quali sembrano volere a tutti costi recare danno anziché provvedere alle esigenze delle persone.
Il caso in questione riguarda quanto disposto da un modulo prestampato fornito dal Commissariato di Polizia di Ostia e dalla Stazione dei Carabinieri di Casal Palocco a Roma, per l’esercizio del diritto di querela. Il modello riporta chiaramente che il cittadino ha la possibilità di sporgere querela entro 90 giorni dall’accadimento del fatto che intende segnalare, contrastando quanto dichiarato nell’articolo 124 del Codice Penale, ove viene indicato espressamente il termine di 3 mesi.
Quella che potrebbe sembrare una semplice inesattezza si traduce in un’informazione tecnicamente sbagliata e fuorviante, rilasciata per di più da un organo istituzionale che dovrebbe garantire correttezza e autorevolezza a tutti i cittadini.
“Dopo aver riscontrato personalmente questo errore, mi prenderò la briga, assieme ad altri esponenti del movimento, di verificare se in altre sedi delle forze dell’ordine è presente questo prestampato che palesemente cambia le carte in regola, provocando non poca confusione. Non è ammissibile che una fonte così autorevole per i cittadini possa commettere sbagli”. Questo è quanto afferma lo stesso De Pierro, il quale ha discusso della cosa anche con un maresciallo dell’Arma della Stazione di Casal Palocco che al suo invito di consultare il codice di rito penale per verificare la divergenza di cognizione tecnica, si è rifiutato categoricamente arroccandosi sulle sue posizioni e sbandierando un’anzianità di servizio di circa 20 anni a garanzia dell’esattezza del proprio convincimento.
Più volte rappresentanti dell’Italia dei Diritti hanno fatto notare anche a qualche sottoufficiale di turno presso il Commissariato Lido di Ostia la svista, ma il suggerimento, alla luce dei fatti, pare sia stato ignorato.
Il responsabile per la Liguria del movimento : “L’Italia dei Diritti si schiera evidentemente dalla parte di questi lavoratori chiedendo l’immediato pagamento dei loro compensi senza ulteriori ritardi”
La Spezia – Nessuna retribuzione per gli operai agricoli della cooperativa “Sentieri e Terrazze”, che opera per il Parco Nazionale delle Cinque Terre. A seguito anche di episodi giudiziari che hanno coinvolto i vertici, i lavoratori non percepiscono il loro stipendio dal mese di agosto e minacciano di bloccare il traffico ferroviario occupando i binari.
Sulla questione è intervenuto Maurizio Ferraioli, responsabile per la Liguria dell’Italia dei Diritti:“Le vicende che hanno colpito duramente il Parco delle 5 terre, con l’arresto dei suoi vertici, non possono e non devono far ricadere gli effetti negativi sugli operai e le svariate cooperative che si sono impegnate, anche nei mesi scorsi, per il mantenimento di un territorio considerato patrimonio dell’ Unesco. Al commissario del Ministero dell’Ambiente Cosentino, nel suo difficile lavoro – prosegue Ferraioli - ,chiediamo di volgere lo sguardo e anche il portafoglio, nei confronti di quei dipendenti che dal mese di agosto attendono una retribuzione la quale deve essere loro garantita e riconosciuta immediatamente”.
Minacciando una mobilitazione così dura, i salariati spezzini sperano di ottenere ascolto affinché si metta fine e soluzione ad un disagio, ignorato dai media, che stanno vivendo da troppi mesi.
“Un fermo anche solo dimostrativo dell’attività lavorativa e anche del traffico ferroviario – ,dichiara l’esponente del movimento presieduto da Antonello de Pierro - non porterebbero sicuramente alcun vantaggio ma la caduta di un’immagine che va difesa ad ogni costo per la tutela di un territorio, unico al mondo, dei suoi lavoratori, siano diretti o dell’indotto e di tutti i cittadini residenti. L’Italia dei Diritti – chiosa Ferraioli - si schiera quindi evidentemente dalla parte di questi lavoratori chiedendo l’immediato pagamento dei loro compensi senza ulteriori ritardi”.
Il responsabile per le Mafie e la Criminalità Organizzata dell’Italia dei Diritti: “In Campania funziona sostanzialmente così, è il vertice del PdL a ottenere consenso e a elargire favori in cambio di voti”
Roma – La procura distrettuale di Napoli ha chiuso le indagini sui presunti collegamenti tra politica e Camorra che vedono coinvolto il deputato del PdL, Nicola Cosentino. Secondo le accuse dei pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci infatti, Cosentino avrebbe garantito rapporti fra imprenditoria mafiosa, pubbliche amministrazioni ed enti a partecipazione pubblica, e contribuito al riciclaggio e al reimpiego delle provviste finanziarie provenienti dal clan dei Casalesi. Inoltre gli vengono contestati manovre per influenzare le strategie politiche in materia di rifiuti.
Francesco Barbato, responsabile per le Mafie e la Criminalità Organizzata dell’Italia dei Diritti, interviene così sulla questione: “In Campania funziona sostanzialmente in questo modo, è il vertice del PdL e non solo Cosentino a ottenere consenso e a elargire favori in cambio di voti, assieme al terzo convitato che si somma alla politica e agli affari, la Camorra. Non pochi sono i nomi degli esponenti del centrodestra indagati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, penso ad esempio agli onorevoli Luigi Cesaro, Mario Landolfi, Paolo Russo, e al senatore Vincenzo Nespoli.
“Insomma – afferma l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro –, la classe dirigente del PdL continua tutt’oggi, sia nelle cariche istituzionali sia in quelle di partito, a rappresentare questo indegno e inaccettabile rapporto con il crimine organizzato. Per 16 anni hanno strumentalizzato la questione dell’emergenza rifiuti nel territorio Campano al solo scopo di spartirsi e divorarsi 2 miliardi di euro, denaro servito per alimentare le clientele politiche e gli affari con la camorra, piuttosto che per rendere pulita Napoli e la sua Regione”.
In un tale scenario Barbato ritiene di voler fare di più per denunciare il fallimento della politica attualmente al governo e per liberare i campani dalla malavita e dall’immondizia: “Quest’oggi domanderò al procuratore della Repubblica di Nola, Paolo Mancuso, un incontro per rappresentare la grave situazione che stanno vivendo gli abitanti di Boscoreale e Terzigno nella discarica Cava Sari, disagi che creano pericolo anche per la salute pubblica, come ben mi hanno evidenziato gli stessi comitati cittadini. Il nostro impegno è in continua difesa dell’ambiente, della legalità e dei diritti degli italiani”.
Il viceresponsabile regionale dell’Italia dei Diritti : “ Se questi sono argomenti per stimolare l’occupazione nel Lazio mi viene da piangere. Di fronte a tali dichiarazioni chiedo le dimissioni dell’assessore al lavoro e alle politiche sociali”
Roma – “I dati relativi alle crisi aziendali, mettono in luce un aumento del 30% di cassa integrati nel Lazio. L’assessore Mariella Zezza non fa un mea culpa e nemmeno si sogna di mostrare i dati macroeconomici reali. Quello che non dice la Zezza è però molto più importante, se aggiungiamo ai provvedimenti di tutela ordinari scattati nel 2008, quelli straordinari del 2010, avremo nel breve futuro oltre 35000 famiglie alla fame, senza ammortizzatori, senza stipendio, è questo il dato grave. È più che raddoppiata la cassa integrazione nella nostra regione, accresciuta del 100% quella straordinaria. Il Lazio non ha un piano di emergenza, l’assessore si sta arrampicando sugli specchi per dire di non avere colpa ma non è questo che ci aspettiamo da un amministratore pubblico”.
Con toni duri, Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti, commenta i dati emersi dall’inchiesta dell'assessorato regionale al lavoro e alle politiche sociali guidato da Mariella Zezza. Numeri impressionanti, che denunciano una situazione al collasso per la Regione che ha affrontato 700 vertenze in soli 7 mesi, e deve combattere una disoccupazione giovanile nel Lazio al 30,6% , 5 punti in più della media nazionale.
“È una giunta quella della Polverini – dichiara l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - che vive di silenzi e incertezze . Non c’era bisogno di stanziare 57 milioni per formare da zero periti, idraulici, elettricisti bastava prenderne 10000 tra i cassa integrati. Se manca un così alto numero di operai specializzati mi chiedo se quei 35000 siano tutti dirigenti, manager oppure tra loro si trovino manovali generici con la quinta elementare, se non vi siano inoccupati ai quali far fare corsi di riqualificazione di 6 mesi per riportarli nel circolo produttivo. Abbiamo il 30% dei giovani in cerca di lavoro, mi pare strano non ci siano diplomati, periti, tecnici, per soddisfare queste richieste. Spero non si coprano 100000 morti con 100 neonati. Abbiamo 35.563 famiglie che attendono risposte.”
Mariella Zezza commentando i dati che riguardano il suo assessorato conforta, promettendo interesse per le infrastrutture, ricordando il piano casa e i 15 milioni di euro stanziati dalla giunta per la stabilizzazione dei precari.
“Di quali precari stabilizzati parla la governatrice - prosegue Celardo- , di quelli sbattuti fuori dalla Gelmini, da Brunetta e da Tremonti, forse dimentica la Polverini che mangiava coda alla vaccinara e polenta con i compagni di partito, coloro che hanno messo fuori oltre 200.000 precari. Bisogna ripartire aprendo il rubinetto delle opere pubbliche, la Zezza si difende dicendo che sono arrivati al governo in un momento di crisi, non vorrei facesse come il suo leader, il Presidente Berlusconi che si lamentava di essere salito al potere nel momento della caduta delle Torri Gemelle. Questa giunta parla sperando di nuove assunzioni quando siamo nella crisi più nera, il buco di bilancio nella sanità è enorme Mi risulta che l’unico investimento sia stato quello per stanziare un bando con finanziamenti da destinare ai comuni, unicamente per lo studio di progetti atti a mettere in sicurezza le strade pericolose del Lazio. Soldi che non andranno in opere pubbliche utili ad evitare morti ma solo per studiare prospetti. Se queste sono i programmi della giunta Polverini relativi alle nuove infrastrutture chiedo immediatamente le dimissioni della Governatrice. Se tali sono gli argomenti per stimolare l’occupazione nel Lazio mi viene da piangere Mi piacerebbe sapere dall’assessore su quanti posti di lavoro possiamo contare e quando partiranno le opere pubbliche. Ci dicessero –quando cominceranno - chiosa il viceresponsabile laziale dell’Italia dei Diritti - per ora quello che abbiamo sono solo chiacchiere. Di fronte a tali dichiarazioni chiedo le dimissioni della Zezza”.
Il viceresponsabile per la provincia di Parma dell’Italia dei Diritti: “È una vergogna che non si possa partecipare ad una conferenza stampa così delicata”
Parma – Questa mattina, Paolo Leporati, viceresponsabile per la provincia di Parma dell’Italia dei Diritti, ha provato inutilmente ad assistere alla conferenza stampa indetta dal presidente della Provincia Vincenzo Bernazzoli sulla vicenda Tep. Infatti, all’ingresso della sala dove si è tenuto l’incontro, presso la sede dell’Ente sita in Piazzale della Pace, Leporati è stato allontanato da una donna, presumibilmente l’addetta all’organizzazione dell’evento, in quanto la conferenza era ristretta agli addetti stampa. Eppure, in qualità di titolare del blog Libera Politica, nonché esponente territoriale dell’Italia dei Diritti, un movimento che si occupa dei problemi della cosa pubblica e fa informazione, non avrebbe dovuto avere ostacoli.
“Mi sono presentato alla conferenza di Bernazzoli poiché quello della Tep è un argomento che mi sta molto a cuore, sia come comune cittadino, che come dipendente dell’azienda dei trasporti pubblici - dichiara l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro -. Mi considerano un personaggio scomodo e questa triste vicenda non fa altro che testimoniare la mancanza di trasparenza dell’istituzione territoriale del Pd”.
Lo sconcertato Leporati conclude: “Non è giusto dover aspettare che le decisioni delle istituzioni siano riportate dagli organi di informazione. È scandaloso non poter assistere ad una conferenza su un tema così scottante”.
La viceresponsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti: “Aprire gli archivi permetterebbe di far luce sulle stragi che hanno sconvolto il Paese”
Roma – “È inaccettabile prorogare il segreto oltre i trent’anni, ammesso che di ‘segreto di Stato’ si possa parlare relativamente a determinati accadimenti e che l’utilizzo di questa definizione non sia un tentativo subdolo per bloccare indagini scomode e che comunque danno fastidio”. Così Lea Del Greco, viceresponsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti, in merito all’ipotesi della commissione Granata di procrastinare il limite del riserbo.
“L’attuazione della legge 124 del 2007 è un atto di giustizia, in quanto permette, appunto, di ‘fare giustizia’ e di far luce su reati e stragi che hanno segnato la storia della nostra Repubblica. Tristi avvenimenti che testimoniano quelle collusioni tra Stato, mafia e organizzazioni terroristiche che ancora oggi sono presenti in Italia - continua la Del Greco - e che potrebbero avere radici lontane nel tempo che affondano nella stagione buia degli ‘anni di piombo’ che hanno sconvolto il Paese”.
Concludendo, l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro si schiera esplicitamente dalla parte delle associazioni delle vittime: “Ci sono stragi che non possono essere archiviate. È auspicabile che il governo si pronunci al più presto sul segreto di Stato”.