Giornata mondiale contro violenza sulla donne, l’opinione della Ferrari
La responsabile per la Toscana dell’Italia dei Diritti: “Dobbiamo andare contro una propaganda classista e xenofoba che non tutela le donne tra le mura domestiche, ma ricerca i mostri solo fuori di esse”
Firenze - In occasione della “Giornata Mondiale contro la violenza sulla donne” la Toscana ha promosso iniziative ed incontri per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così vicino e reale. A Lucca si è tenuto un corteo nelle vie e nelle piazze del centro storico; ad Arezzo è stato illustrato il “Secondo Rapporto sulla violenza di genere in Toscana”; a Massa Carrara, Lara Venè ed Enrica Briganti, rispettivamente assessore e presidente della Commissione Pari Opportunità, hanno pensato a “Stand up”, un invito a tutti per un gesto di protesta corale finalizzato a dire no alla violenza sulle donne. Firenze invece ha dedicato alla ricorrenza un Consiglio comunale straordinario in presenza di Marisela Ortiz Rivera, da anni impegnata contro il fenomeno del ‘femminicidio’ diffuso in Messico, e fondatrice dell’associazione “Nuestras Hijas de Regreso a Casa”, organizzazione costituita da familiari e amici vicino alle giovani assassinate.
“Occorre affiancare alla consolidata attività di sostegno ai centri antiviolenza progetti legati alla prevenzione”, ha sottolineato Emanuela Ferrari, responsabile per la Toscana dell’Italia dei Diritti, che poi ha aggiunto: “Le statistiche parlano chiaro, le donne subiscono la violenza maggiore tra le mura di casa o nella rete delle loro strette conoscenze. Il cuore del problema sta nel conflitto di genere, che si acuisce in ambiti familiari, in condizioni di crisi e nel momento del distacco e dell'affidamento dei figli – ha spiegato ancora l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro –. Vorrei porre l’accento sulla ‘logica securitaria’ frutto di una propaganda classista e xenofoba, volta ancora a convincerci che la violenza sulle donne sia opera di mostri, di poveri sbandati o di immigrati clandestini, e che significa un continuo non riconoscimento dei diritti, della soggettività e della capacità di scelta delle donne”.