Il presidente dell’Italia dei Diritti: “Salari del genere sono uno schiaffo a chi fatica per arrivare a fine mese. La riduzione dei costi si può ottenere allontanando la partitocrazia dalla tv pubblica”
Roma – “Di fronte a questi compensi corrisposti con denaro pubblico resto interdetto. È un vero scandalo, anche perché tra coloro che contribuiscono a pagare tali stipendi faraonici ci sono anche precari, cassintegrati, spesso licenziati, e ricercatori retribuiti con salari da fame. Una vera beffa per tutte queste persone che vedono alcuni personaggi televisivi condurre una vita da nababbi con soldi statali”. Il leader dell’Italia dei Diritti, Antonello De Pierro, parla a ruota libera con tono severo degli esorbitanti cachet che ricevono presentatori e personaggi televisivi della Rai. In un momento di grave crisi economica come quello che sta vivendo il Paese, fa un certo effetto leggere cifre astronomiche erogate dal servizio radiotelevisivo pubblico, quindi con il contributo di tutta la collettività nazionale, alla quale poi si chiede di sopportare gravosi sacrifici finanziari.
“La nostra posizione contraria in merito alla sproporzione di questi stipendi è netta e irremovibile”, dice ancora il presidente del movimento nazionale. Infatti, dalle voci trapelate attraverso organi di stampa e on-line, sono emersi alcuni degli emolumenti più onerosi che mamma Rai versa nelle tasche dei suoi figli più fortunati: Antonella Clerici, dopo la conduzione dell’ultimo “Festival di Sanremo”, ha strappato un nuovo contratto da 1,8 milioni di euro all’anno. Il suo successore sul palco dell’Ariston, Gianni Morandi, dovrebbe intascare invece 1,1 milioni di euro per cinque serate. Simona Ventura, presentatrice di “Quelli che il calcio” e de “L’Isola dei Famosi”, guadagnerebbe intorno a 1,5 milioni di euro annui. Carlo Conti, mattatore di molte trasmissioni Rai, percepirebbe all’incirca 1,3 milioni di euro a stagione, mentre l’anchorman Bruno Vespa dovrebbe accontentarsi, si fa per dire, di soli 1,2 milioni di euro.
Discorso particolare quello del popolarissimo Fabio Fazio: a fronte delle polemiche sorte sui cachet degli ospiti di “Vieni via con me”, alcuni dei quali, come Roberto Benigni, costretti a partecipare a titolo gratuito, il buon Fazio si porterebbe a casa qualcosa come due milioni di euro all’anno, ergendosi in assoluto a primo della lista dei “paperoni” di viale Mazzini. In posizioni intermedie ma comunque molto redditizie si collocano Pippo Baudo con 900 mila euro di entrate annue, il discusso Michele Santoro (715 mila euro), Serena Dandini (700 mila euro). Tra i “più poveri”, invece, spiccano i giornalisti di Rai Tre Giovanni Floris con 450 mila euro e Milena Gabanelli, ultima della classifica con il suo cachet di “appena” 150 mila euro a stagione.
Davanti a queste cifre le parole di De Pierro sono inequivocabili: “Stipendi del genere, spesso non meritati, rappresentano uno schiaffo morale a chi fatica per arrivare a fine mese, anche per tutti coloro appartenenti allo staff che permette ai faraoni del video di poter godere di tali privilegi pecuniari. La riduzione di questi costi deve essere un imperativo imprescindibile e si può attuare solo dopo aver allontanato i tentacoli sempre più avvolgenti della partitocrazia dalla televisione pubblica. Non serve fare riferimenti nominativi, è il sistema intero ad essere sbagliato. Basta fare mente locale e porre l’attenzione sul fatto che nelle redazioni giornalistiche della tv di Stato lavorano con professionalità impeccabile centinaia di dipendenti che potrebbero condurre magistralmente le stesse trasmissioni, evitando di sprecare tanto denaro per accontentare chi spesso è in quota a questa o a quella formazione politica”.
“Purtroppo – continua il numero uno dell’Italia dei Diritti, ampliando lo spettro della sua analisi –, il problema Rai si trascina annoso da lunghissimo tempo, per favorire quello che è stato l’avvento di Berlusconi e poi del berlusconismo, che ha avuto magari anche qualche piccolo lato positivo, ma tuttavia perso in un oceano di elementi socialmente deleteri. Per tanti anni si è evitato di legiferare in materia radiotelevisiva e si è contribuito a creare un monopolio privato, salvo poi legalizzare l’illegittimo, dopo varie pronunce della Consulta, a colpi di decreti e questioni di fiducia, e mi riferisco ancora alla Prima Repubblica. Le responsabilità di tutto ciò ricadono sulle coscienze di personaggi che ancora imperversano nel panorama politico, anche esponenti di sinistra, che ora fanno finta di opporsi alle gestioni governative berlusconiane. Ciò ha comportato un degrado morale e culturale che l’Italia e diverse generazioni hanno dovuto pagare come conto di politiche non nell’interesse collettivo, ma volte a salvaguardare la tutela affaristica di pochi. Una Rai lottizzata dai vari partiti, nessuno escluso o quasi, che ha avuto il grande merito nei primi decenni successivi al secondo conflitto mondiale, di favorire l’unificazione glottologica degli italiani, laddove la scuola aveva fallito. Quella stessa Rai – chiosa De Pierro – che col tempo è stata sempre più allontanata dal ruolo predominante di veicolo culturale, sempre più mercificata e sacrificata sull’altare degli interessi dei mercanti del tempio”.
Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Ritengo che il risultato prodotto dagli inquirenti debba considerarsi di maggior pregio, considerando la scarsità dei fondi destinati alle nostre forze dell’ordine”
Roma – “Rivolgo il mio solidale ringraziamento all’operato delle forze dell’ordine che ancora una volta hanno sventato un’attività criminale dai risvolti estremamente gravi”. Questo è il primo commento a caldo del vicepresidente dell’Italia dei Diritti, Roberto Soldà, alla notizia dei 25 arresti eseguiti per i responsabili di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e alla detenzione e porto di armi, anche da guerra, messi a segno dalla Polizia di Caserta, in collaborazione con le Squadre Mobili di Arezzo, Napoli e Pordenone.
“Ritengo che il risultato prodotto dagli inquirenti debba considerarsi di maggior pregio – afferma il numero due del movimento presieduto da Antonello De Pierro –, considerando anche le innumerevoli difficoltà che questi uomini, i quali lavorano per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, devono sopportare ogni giorno a causa dell’inammissibile mancanza di fondi destinati al servizio d’ordine nel nostro Paese. Mi chiedo – conclude Soldà – quali obiettivi potremo finalmente raggiungere se il Governo collocasse al posto giusto i soldi sborsati da tutti gli italiani”.
L’organizzazione extraparlamentare interviene sul posto per esprimere la propria solidarietà nelle persone del responsabile per la Giustizia, Giuliano Girlando, e del responsabile per le Mafie e la Criminalità Organizzata, Francesco Barbato
Roma – Ignazio Cutrò e Valeria Grasso, due coraggiosi imprenditori siciliani che hanno denunciato il racket della mafia ai loro danni, si sono incatenati stamattina, intorno alle ore 10 circa, davanti al Viminale per protestare contro la condizione di abbandono in cui li ha lasciati lo Stato italiano, dopo che, grazie alla loro collaborazione, alcuni esponenti dei clan Madonia e Di Trapani sono stati assicurati alla giustizia. Chiedono risposte al ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e alle istituzioni, sia per garantire la tutela di tutti quegli imprenditori che permettono di far arrestare i loro estorsori, sia per quei collaboratori di giustizia che, come loro due, vengono costantemente minacciati di morte dalla mafia. Questa protesta di disobbedienza civile è volta, inoltre, a reclamare il ripristino delle loro attività commerciali, considerato che, dopo le denunce, le rispettive imprese hanno perso clienti e subito disagi professionali.
Sono intervenuti sul posto per esprimere la propria solidarietà e vicinanza due esponenti del movimento nazionale Italia dei Diritti, il responsabile per la Giustizia, Giuliano Girlando, e il responsabile per le Mafie e la Criminalità Organizzata, Francesco Barbato. L’organizzazione extraparlamentare presieduta da Antonello De Pierro, per voce di Girlando fa sapere che appoggia l’iniziativa e invoca un’immediata risposta dal ministro Maroni.
Nel merito della questione entra più dettagliatamente Francesco Barbato, che dichiara: “Ignazio Cutrò e Valeria Grasso sono stati praticamente dimenticati dallo Stato, malgrado il loro prezioso aiuto che, anni fa, ha consentito di sgominare i clan mafiosi Madonia e Di Trapani. Già lo scorso anno feci un’interrogazione parlamentare a sostegno di questi due imprenditori. Ma l’attuale Governo è sordo rispetto ai veri problemi che la criminalità organizzata arreca ai nostri connazionali. Un Esecutivo che ‘arresta’ mafiosi e camorristi non fa invece quanto dovuto per i cittadini come Cutrò e Grasso, i quali rischiano la loro vita per aver aiutato lo Stato. Insomma – incalza Barbato –, pretendiamo di essere ascoltati dal ministro dell’Interno, che ho personalmente contattato per telefono e, poiché era impegnato, mi ha detto che mi avrebbe richiamato successivamente. Nel frattempo io resto qui finché qualche rappresentante del Governo non presti attenzione a questa vicenda”.
Poi, sottolineando il senso del dovere che le istituzioni nazionali sono obbligatoriamente tenute ad osservare, Barbato rimarca: “La sicurezza ai cittadini la si offre stando davvero accanto a persone come Cutrò e Grasso, con atti veri e non con la propaganda. Aggiungo anche che ormai sono diventato il 113 per le chiamate d’emergenza degli italiani, nel senso che sono stato avvertito di questa mobilitazione mentre ero impegnato in un incontro di lavoro, e appena sono arrivato di fronte al Viminale ho visto agenti della Polizia che tentavano di tagliare le catene ai polsi dei due manifestanti, per impedirne la protesta. Io continuerò a svolgere il mio servizio personale di 113 per difendere i diritti dei cittadini. Pertanto – conclude perentorio l’esponente dell’Italia dei Diritti –, resto qui a sostenere i due testimoni di mafia fin quando Maroni e il Governo non ci presteranno ascolto”.
La responsabile provinciale dell’Italia dei Diritti: “L'umana pietà non è considerata fra i leghisti, anche se si fanno portavoce del crocifisso e di ciò che esso rappresenta”
Milano – La giunta comunale di Bergamo, presieduta dal sindaco Franco Tentorio, ha bocciato la richiesta di assegnare l’onorificenza civica all’associazione di volontariato denominata “Oikos”, che da anni gestisce un ambulatorio di medicina generale per cittadini, in buona parte extracomunitari e senza permesso di soggiorno, non aventi diritto all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale. L’episodio ha scatenato da subito polemiche tra i rappresentanti dell’opposizione di Palazzo Frizzoni, tra cui il Partito Democratico, l’Italia dei Valori e l’Unione di Centro, i quali hanno accusato Tentorio e alleati di non aver dato il giusto merito all’attività della Onlus solo per assecondare le idee della Lega Nord rispetto alla questione degli immigrati.
“L'umana pietà non è considerata fra i leghisti, anche se si fanno portavoce del crocifisso e di ciò che esso rappresenta – afferma con stizza Francesca Scoleri, responsabile per la provincia di Bergamo dell’Italia dei Diritti –. L’Oikos col suo gruppo di volontari, è simbolo di umana solidarietà, qualcosa che dovrebbe andare oltre le scelte programmatiche di un movimento fondato sul razzismo quale ritengo sia la Lega”.
L’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro esprime le sue perplessità riguardo al giudizio dei membri della maggioranza comunale, domandandosi sarcasticamente cosa sia per quest’ultimi meritevole di onorificenza: “Questo ‘no’ è solo l’ennesima dimostrazione di inciviltà e di fanatismo che come un’ombra nera percorre non solo le vie di Bergamo, ma di gran parte del Nord Italia, macchiandone la storia”.
Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: "La qualità e l’efficienza devono essere premiate, ma è necessario comunque un controllo superiore sulle risorse a disposizione affinché non vengano impiegate inutilmente”
Roma – “Quello da prendere in massima considerazione è la salute del malato e ogni soldo speso in tal senso non può che essere lodato”. Con queste parole il vicepresidente dell’Italia dei Diritti, Roberto Soldà, esprime il suo parere in merito all’iniziativa promossa dall'ospedale Agostino Gemelli di Roma per l’adozione del nuovo dispositivo informatico Ipad che tra breve potrebbe sostituire la vecchia e obsoleta cartella clinica, facilitando così il compito dei medici.
“Ciò che auspichiamo è che si ottenga il massimo risultato al minor costo, anche per un ospedale privato che prevede dei servizi in convenzione – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro. La qualità e l’efficienza devono essere premiate, ma è necessario comunque un controllo superiore sulle risorse a disposizione affinché non vengano impiegate inutilmente. I diritti del malato prima di tutto”.
La responsabile per la Calabria dell’Italia dei Diritti: “È necessario accrescere il senso di responsabilità dei giovani intensificando i controlli, la formazione per una guida sicura e l’informazione sugli effetti delle droghe e degli alcolici”
Catanzaro – “Il principio chiave è quello di accrescere il senso di responsabilità in coloro che si mettono alla guida di un’auto attraverso una intensificazione dei controlli da parte delle forze dell’ordine, della corretta formazione per una guida sicura, e di un’adeguata informazione sugli effetti prodotti dall’uso di sostanze stupefacenti e bevande alcoliche”. Risoluto il commento espresso dalla responsabile per la Calabria dell’Italia dei Diritti, Pamela Aroi, riguardo la notizia dell’ennesima strage di innocenti avvenuta nella località Marinella a Sant'Eufemia di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, dove un auto ha travolto e ucciso 8 ciclisti. Alla guida dell’auto un giovane di 21 anni di origine marocchina, immigrato regolare, al quale 7 mesi prima era stata ritirata e in seguito restituita la patente per un sorpasso azzardato e che, dai primi esami effettuati in ospedale, è risultato positivo al test della cannabis.
“Sono stati fatti notevoli passi avanti in merito alla questione, anche attraverso campagne di sensibilizzazione sul pericolo degli effetti dell’alcol – conclude l’esponente del movimento fondato da Antonello De Pierro –, ma a mio avviso occorre una maggiore comunicazione, anche relativamente ai rischi che i giovani corrono sia per la loro incolumità sia per quella degli altri, quando guidano con imprudenza e sotto l’effetto di droghe leggere, quest’ultime troppo spesso sottovalutate”.
Presso il Commissariato di Polizia e la Stazione dei Carabinieri il modello prestampato per l’esercizio del diritto di querela riporta il termine perentorio di 90 giorni anziché quello di tre mesi come previsto da norma codificata
Roma – Una nuova iniziativa a tutela dei cittadini coinvolge in questi giorni l’Italia dei Diritti. Il movimento extraparlamentare fondato e guidato da Antonello De Pierro rivolge infatti la sua attenzione su uno dei nutriti problemi che rallentano e ostacolano l’apparato burocratico delle istituzioni pubbliche, le quali sembrano volere a tutti costi recare danno anziché provvedere alle esigenze delle persone.
Il caso in questione riguarda quanto disposto da un modulo prestampato fornito dal Commissariato di Polizia di Ostia e dalla Stazione dei Carabinieri di Casal Palocco a Roma, per l’esercizio del diritto di querela. Il modello riporta chiaramente che il cittadino ha la possibilità di sporgere querela entro 90 giorni dall’accadimento del fatto che intende segnalare, contrastando quanto dichiarato nell’articolo 124 del Codice Penale, ove viene indicato espressamente il termine di 3 mesi.
Quella che potrebbe sembrare una semplice inesattezza si traduce in un’informazione tecnicamente sbagliata e fuorviante, rilasciata per di più da un organo istituzionale che dovrebbe garantire correttezza e autorevolezza a tutti i cittadini.
“Dopo aver riscontrato personalmente questo errore, mi prenderò la briga, assieme ad altri esponenti del movimento, di verificare se in altre sedi delle forze dell’ordine è presente questo prestampato che palesemente cambia le carte in regola, provocando non poca confusione. Non è ammissibile che una fonte così autorevole per i cittadini possa commettere sbagli”. Questo è quanto afferma lo stesso De Pierro, il quale ha discusso della cosa anche con un maresciallo dell’Arma della Stazione di Casal Palocco che al suo invito di consultare il codice di rito penale per verificare la divergenza di cognizione tecnica, si è rifiutato categoricamente arroccandosi sulle sue posizioni e sbandierando un’anzianità di servizio di circa 20 anni a garanzia dell’esattezza del proprio convincimento.
Più volte rappresentanti dell’Italia dei Diritti hanno fatto notare anche a qualche sottoufficiale di turno presso il Commissariato Lido di Ostia la svista, ma il suggerimento, alla luce dei fatti, pare sia stato ignorato.
La viceresponsabile per
Napoli – “L’impressione è che il sindaco abbia troppo tempo libero che gli consenta di focalizzare la propria attenzione su problemi del tutto marginali”. Così Licia Palmentieri, viceresponsabile campana dell’Italia dei Diritti, ha commentato la nuova ordinanza del sindaco di Castellammare di Stabia, Luigi Bobbio, che ha istituito le c.d. “ronde cittadine”.
“Secondo la sua opinione – ha aggiunto
L’iniziativa, infatti, fa seguito al già molto discusso divieto di indossare minigonne, abiti succinti e pronunciare bestemmie che il primo cittadino stabiese ha disposto, di concerto con l’assessore alla Legalità e alla Sicurezza, Luigi Mamone, poco più di un mese fa.
“Stavolta – ha aggiunto la viceresponsabile regionale del movimento guidato da Antonello De Pierro – ho rilevato giuste obiezioni anche dal centrodestra, il suo stesso schieramento, sulla scarsissima utilità di questo provvedimento per contrastare la vera criminalità. Quando si risiede in un territorio in cui le stesse forze di polizia sono presenti in numero insufficiente e vivono una realtà di disagi e tagli dei finanziamenti, non si capisce come associazioni di ex combattenti ed ecologisti possano essere adeguatamente preparate ad agire”. Infatti, ad occuparsi delle ronde, si legge nell’ordinanza, dovrebbero essere: l’Associazione nazionale Carabinieri Italia, Associazione Protezione Verde pro natura, Associazione nazionale Marinai d’Italia, Associazione nazionale Combattenti guerra liberazione, Associazione Combattenti e reduci, Associazione ecologica culturale Protezione verde e Associazione Reparto operativo soccorso Stabia.
“Perché Bobbio intraprende sempre iniziative così discutibili da suscitare polemiche a livello nazionale? Che cos’è, propaganda? Non sarebbe forse più efficace occuparsi di problematiche più concrete come il drenaggio delle acque piovane o il problema dell’abusivismo edilizio? Insomma – ha concluso
Il responsabile per le Mafie e la Criminalità Organizzata dell’Italia dei Diritti: “In Campania funziona sostanzialmente così, è il vertice del PdL a ottenere consenso e a elargire favori in cambio di voti”
Roma – La procura distrettuale di Napoli ha chiuso le indagini sui presunti collegamenti tra politica e Camorra che vedono coinvolto il deputato del PdL, Nicola Cosentino. Secondo le accuse dei pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci infatti, Cosentino avrebbe garantito rapporti fra imprenditoria mafiosa, pubbliche amministrazioni ed enti a partecipazione pubblica, e contribuito al riciclaggio e al reimpiego delle provviste finanziarie provenienti dal clan dei Casalesi. Inoltre gli vengono contestati manovre per influenzare le strategie politiche in materia di rifiuti.
Francesco Barbato, responsabile per le Mafie e la Criminalità Organizzata dell’Italia dei Diritti, interviene così sulla questione: “In Campania funziona sostanzialmente in questo modo, è il vertice del PdL e non solo Cosentino a ottenere consenso e a elargire favori in cambio di voti, assieme al terzo convitato che si somma alla politica e agli affari, la Camorra. Non pochi sono i nomi degli esponenti del centrodestra indagati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, penso ad esempio agli onorevoli Luigi Cesaro, Mario Landolfi, Paolo Russo, e al senatore Vincenzo Nespoli.
“Insomma – afferma l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro –, la classe dirigente del PdL continua tutt’oggi, sia nelle cariche istituzionali sia in quelle di partito, a rappresentare questo indegno e inaccettabile rapporto con il crimine organizzato. Per 16 anni hanno strumentalizzato la questione dell’emergenza rifiuti nel territorio Campano al solo scopo di spartirsi e divorarsi 2 miliardi di euro, denaro servito per alimentare le clientele politiche e gli affari con la camorra, piuttosto che per rendere pulita Napoli e la sua Regione”.
In un tale scenario Barbato ritiene di voler fare di più per denunciare il fallimento della politica attualmente al governo e per liberare i campani dalla malavita e dall’immondizia: “Quest’oggi domanderò al procuratore della Repubblica di Nola, Paolo Mancuso, un incontro per rappresentare la grave situazione che stanno vivendo gli abitanti di Boscoreale e Terzigno nella discarica Cava Sari, disagi che creano pericolo anche per la salute pubblica, come ben mi hanno evidenziato gli stessi comitati cittadini. Il nostro impegno è in continua difesa dell’ambiente, della legalità e dei diritti degli italiani”.
Il presidente dell’Italia dei Diritti: “Ho delle perplessità sul fatto che l’agente abbia sparato pensando di uccidere Sandri all’interno dell’abitacolo”
“È una sentenza che pone inevitabilmente alcuni interrogativi, il primo, su cui interrogarci, riguarda sicuramente l’equità della giustizia nel nostro Paese, sia da un grado di giudizio all’altro che da un tribunale all’altro della penisola. Spesso, infatti, il destino di un imputato e l’ottenimento di giustizia della parte lesa sono affidati anche alla fortuna. Senza dimenticare che anche i magistrati più bravi possono sbagliare, errare humano est”. Questo il primo commento di Antonello De Pierro, presidente dell’Italia dei Diritti, alla sentenza di secondo grado per l’omicidio Sandri.
“Non è facile entrare nel merito di questa sentenza non avendo letto le motivazioni – ha proseguito De Pierro -, sono certo che l’organo giudicante avrà valutato attentamente ogni tassello, anche quello più minuscolo della vicenda”. D’altro canto non è facile neppure per la mente più arguta capire cosa sia passato quella mattina, che ha cambiato drammaticamente le vite della famiglia Sandri e dello stesso Spaccarotella, per la testa all’agente di polizia”.
“Mi sembra evidente, però, che lui non abbia potuto sparare pensando di uccidere il giovane tifoso laziale che si trovava all’interno dell’autovettura”. Spaccarotella ha sbagliato, è stato incosciente ed è giusto che paghi, ma resto della mia convinzione: non può aver sparato pensando di uccidere la persona all’interno dell’abitacolo, non riesco a pensare che sia stato un atto volontario”, ha voluto sottolineare il responsabile nazionale IdD.
“Si tratta di una condanna esemplare – ha proseguito De Pierro – che fa a cazzotti con quella comminata ai quattro poliziotti che hanno ucciso Federico Aldovrandi a Ferrara. In base ai fatti e alla conoscenza che ne ho in quel caso sono andati veramente con i guanti di velluti nel giudizio. Personalmente considero molto più grave quell’episodio che non questo provocato da Spaccarotella”.
La famiglia di Gabriele Sandri, presente in aula al momento della lettura della sentenza di condanna, si è detta soddisfatta.
“Ritenevo tecnicamente più giusta la condanna di primo grado. Se nell’autogrill dove si trovava Sandri ci fosse stata una rapina con un morto e Spaccarotella avesse ucciso il rapinatore in fuga, l’atteggiamento sarebbe stato lo stesso o l’agente sarebbe diventato un eroe?Ora aspetteremo il giudizio in Cassazione augurandoci che si trovi il giusto compromesso tra la sacrosanta esigenza di giustizia della famiglia della giovane vittima e la pena da comminare all’agente che ha avuto in ogni caso un biasimevole comportamento”, ha concluso il presidente dell’Italia dei Diritti.
Il viceresponsabile per la provincia di Parma dell’Italia dei Diritti: “È una vergogna che non si possa partecipare ad una conferenza stampa così delicata”
Parma – Questa mattina, Paolo Leporati, viceresponsabile per la provincia di Parma dell’Italia dei Diritti, ha provato inutilmente ad assistere alla conferenza stampa indetta dal presidente della Provincia Vincenzo Bernazzoli sulla vicenda Tep. Infatti, all’ingresso della sala dove si è tenuto l’incontro, presso la sede dell’Ente sita in Piazzale della Pace, Leporati è stato allontanato da una donna, presumibilmente l’addetta all’organizzazione dell’evento, in quanto la conferenza era ristretta agli addetti stampa. Eppure, in qualità di titolare del blog Libera Politica, nonché esponente territoriale dell’Italia dei Diritti, un movimento che si occupa dei problemi della cosa pubblica e fa informazione, non avrebbe dovuto avere ostacoli.
“Mi sono presentato alla conferenza di Bernazzoli poiché quello della Tep è un argomento che mi sta molto a cuore, sia come comune cittadino, che come dipendente dell’azienda dei trasporti pubblici - dichiara l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro -. Mi considerano un personaggio scomodo e questa triste vicenda non fa altro che testimoniare la mancanza di trasparenza dell’istituzione territoriale del Pd”.
Lo sconcertato Leporati conclude: “Non è giusto dover aspettare che le decisioni delle istituzioni siano riportate dagli organi di informazione. È scandaloso non poter assistere ad una conferenza su un tema così scottante”.