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Italia dei Diritti

Movimento politico nazionale
per la difesa dei diritti dei cittadini.

Chi Siamo Aderisci

Italia patria degli evasori fiscali, l’analisi di Soldà

Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Si è arrivati a raschiare il fondo del barile”

 

Roma - “Questi dati fotografano una situazione a dir poco critica, allarmante oserei dire, ma ancor di più lo è l’inoperosità con cui si sta affrontando la questione”.

 

Così Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti, commenta l’amaro primato con cui quella italina viene catalogata come una delle nazioni con il più alto tasso di evasori fiscali. Nel Bel Paese l’imponibile che sfugge al fisco è di circa 300 miliardi di euro l’anno e dati in possesso della Camera di Commercio risulterebbe che l’Italia è anche la nazione con il più elevato indice di società di comodo, che spesso vengono create da privati cittadini per custodire dietro uno schermo societario la proprietà della barca, della casa o della villa al mare.

 

“Stiamo raggiungendo un punto di non ritorno – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro –. È paradossale ciò che sta accadendo: ricchi che si fingono poveri per usufruire di ulteriori benefici, e poveri che si ingegnano in truffe allo Stato solo per riuscire ad arrivare a fine mese. Riflettiamo, e faccia altrettanto chi è preposto a prendere decisioni”.

Tentativo di cambiare legge Basaglia, Italia dei Diritti disapprova

Luigino Smiroldo, viceresponsabile per la Sanità del movimento: “Paghiamo le irresponsabilità delle istituzioni pubbliche locali”


Roma - “La 180  è una buonissima legge, purtroppo però è stata applicata in Italia a macchia di leopardo”. Così Luigino Smiroldo, viceresponsabile per la Sanità dell’Italia dei Diritti, interviene sulla proposta presentata dal deputato del Pdl, Carlo Ciccioli, in relazione alla modifica della legge Basaglia. La norma prevede la nascita di un Dipartimento nazionale per la Salute Mentale che si occupi delle persone affette da problemi psichiatrici dalla culla sino all’anzianità. Altro punto rilevante sarebbe l’introduzione di una nuova forma di trattamento sanitario obbligatorio, il Tsop, trattamento sanitario obbligatorio prolungato, della durata di 6 mesi.

 

“Basaglia – prosegue Smiroldo – ha stabilito che dopo 15 giorni di ricovero vengano subito attivati i servizi territoriali, come i centri di salute mentale locali, per intervenire e verificare l’opportunità di trasferire i pazienti in strutture protette. Se questi centri esistono e vengono gestiti in maniera efficiente, allora la persona non ha bisogno del ricovero coatto, sostituendo così il manicomio con continui controlli clinici che preservano le libertà individuali. In regioni come il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna ciò ha funzionato egregiamente, tuttavia lì dove le istituzioni pubbliche locali non hanno fatto il proprio dovere si sono verificati problemi enormi, con i pazienti abbandonati senza adeguata assistenza sanitaria nelle mani dei rispettivi parenti. Non mi stupisco che ora di fronte alle proteste esasperate dei familiari dei pazienti affetti da malattie mentali, esponenti della maggioranza come al solito stiano decidendo di tagliare la testa al toro, adottando la strategia più semplice per affrontare un problema che non deve essere assolutamente generalizzato”.

 

Alle parole di Smiroldo, si aggiungono quelle della responsabile per le Politiche Sociali dell’Italia dei Diritti, Pamela Aroi: “Esistono vie sicuramente più idonee per la cura dei pazienti afflitti da problemi psichiatrici, i quali vorrei ricordare a chi di dovere che possiedono gli stessi diritti degli altri degenti. Ovvio che il pericolo maggiore in una situazione come questa sia quella di generalizzare la questione – nota l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro –, ma certamente l’aumento delle attività di monitoraggio sullo stato di salute di questi pazienti sarebbe il primo passo. Bisognerebbe poi valutare scrupolosamente caso per caso, non facendo di tutta l’erba un fascio, trovando una soluzione concreta che sia in grado di conciliare sia le libertà degli ammalati e sia la sicurezza di tutti coloro che vivono loro accanto”.

Autobus senza aria condizionata a Roma. La reazione di Soldà

 

Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Con le attuali temperature è una condizione da Terzo Mondo

 

 

Roma, 9 luglio 2010 –  Torna l’estate e si ripropongono gli annosi problemi che affliggono coloro che sono costretti ad utilizzare i mezzi pubblici. Da una recente indagine emerge che sette autobus dell’Atac su dieci sono sprovvisti di aria condizionata oppure c’è ma non funziona.

“Una condizione da Terzo Mondo, – commenta così Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti – ormai l’aria condizionata, viste le temperature che durante l’estate si registrano a Roma, non può essere considerata un bene superfluo, di lusso”.

Il pensiero dell’esponente del movimento extraparlamentare guidato da Antonello De Pierro è rivolto a chi non ha altra scelta che utilizzare i mezzi pubblici, ma anche a chi si trova a sobbarcarsi i numerosi problemi esistenti per una scelta ecologista o di pura comodità: “I centri di interesse lavorativi, culturali e sociali della Capitale, hanno la caratteristica di essere diffusi a macchia di leopardo sull’intero territorio e molti sono quelli che decidono di lasciar a casa il mezzo privato, pertanto la puntualità, la pulizia e la presenza di comodità che rendano piacevole il viaggio sono necessari, soprattutto ora che si sta profilando un ulteriore rincaro del costo del biglietto. Questa sarebbe l’ennesima dimostrazione di un’amministrazione sprecona e sciatta”.

Berlusconi attacca la libertà di stampa, la dura replica di De Pierro

Il presidente dell’Italia dei Diritti: “Capisco che i suoi trascorsi pidduisti abbiano potuto forgiare una forma mentis orientata verso il controllo dell’informazione da parte del potere politico, ma nelle democrazie vere è la stampa che controlla l’operato della politica, non viceversa”


Roma – A seguito dello sciopero indetto dai giornalisti venerdì scorso contro il ddl sulle intercettazioni, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dato alla protesta una prospettiva tutta sua, sostenendo che la libertà di stampa non è un diritto assoluto. Non si è fatta attendere la dura replica di Antonello De Pierro, presidente dell’Italia dei Diritti, che ha dichiarato: “Quando c’è di mezzo il premier, al peggio non c’è mai fine. Siamo ormai abituati a esternazioni che, seppure io abbia registrato quasi sempre come goliardiche, in un Paese normale, in ogni caso, avrebbero fatto ritirare a vita privatissima, nel senso letterale del termine, il caro Silvio. Sono indignato di fronte a una dichiarazione di questo tipo. Probabilmente il premier ha una visione contorta, altamente soggettiva e interpretativa del significato di democrazia, ma ora è veramente troppo. Capisco che i suoi trascorsi pidduisti abbiano potuto forgiare una forma mentis orientata verso il controllo dell’informazione da parte del potere politico, ma per fortuna il piano di rinascita di Licio Gelli era eversivo ed è stato sventato. Il nostro Presidente del Consiglio dovrebbe imparare che nelle democrazie vere è la stampa che controlla l’operato della politica, non viceversa. Non resta che confidare in una parte del Pdl nata in contesti istituzionali certamente più sani e meno asservita agli ordini del Sovrano; ma soprattutto auspico il risveglio di un’opposizione dormiente che sappia mobilitare e canalizzare tutte le forze democratiche della società civile per porre termine alla dittatura mediatica e allo strapotere condito da pericolose venature di onnipotenza di un personaggio che da ormai un ventennio inganna gli italiani e ammansisce gli avversari politici con promesse menzognere che poi, nei fatti, finisce per smentire inesorabilmente, assumendo, al contrario, provvedimenti deleteri per la maggioranza dei cittadini con l’alibi ossessivo della ‘magistratura politicizzata’. La scusa gli è spesso servita per traslare l’attenzione su provvedimenti ad personam che salvassero sé stesso e i suoi sodali, che nel tempo hanno incassato fior di condanne penali, ma è ora che i cittadini si sveglino e noi dell’Italia dei Diritti ci stiamo già organizzando per dare il nostro contributo. Visti i numeri che cominciano a prendere corpo tra i nostri sostenitori – spiega De Pierro – potremmo risultare decisivi a quelle forze politiche che si impegneranno a lottare per ristabilire i concetti cardine della democrazia nella nostra nazione ormai sottoposta a ogni genere di sopruso alienante. Tengo a ribadire che il nostro sostegno sarà esterno, com’è nei principi che hanno mosso la nascita del nostro movimento extraparlamentare, ma non escludiamo la presenza di alcuni nostri rappresentanti nelle competizioni elettorali, seppur candidati come indipendenti nelle liste che più si avvicinano alla nostra linea politica soddisfacendo le nostre peculiari esigenze in termini di democrazia, giustizia e legalità”.

Rinvio scavi nel sito di Borgo Montello, delusione della Di Marcantonio

La responsabile per la provincia di Latina dell’Italia dei Diritti: “Le lacrime di coccodrillo non servono a giustificare i continui ritardi degli scavi. Si  faccia luce sulla vicenda  per la tutela del territorio pontino e  per indagare sulle continue interferenze mafiose nel territorio”

 

Roma – Il progetto di scavi nella discarica di Borgo Montello, in provincia di Latina, ha subìto un ulteriore ritardo. La conferenza di servizi chiamata a deliberare sulla questione ha deciso di rinviare al 15 luglio la decisione per consentire agli ingegneri di Ecoambiente di modificare il progetto di scavo. Al momento, visti i problemi legati a questioni tecnico-burocratiche e, considerando che le elevate temperature della stagione estiva renderebbero più difficoltose le operazioni di scavo, si è deciso di procrastinare il problema. “Le lacrime di coccodrillo - ha detto Camelia Di Marcantonio, responsabile per la provincia di Latina dell’Italia dei Diritti -  non servono a giustificare il continuo andirivieni delle motivazioni che ritardano gli scavi. A quanto sembra, nonostante le tantissime promesse di  questi mesi, sulla questione siamo punto a capo. Sembrava definito almeno il problema dello stanziamento ed invece apprendiamo che quei soldi non sono mai stati accreditati. Prima l’assenza del Sindaco, adesso le temperature troppo alte, ogni scusa è buona per sospendere  i lavori nel sito. Una storia infinita di pretesti che si chiude con  l’intervento del responsabile dell’Arpa Chiarucci che  ha individuato come e dove iniziare a scavare  ma senza soldi. E per non farci mancare nulla, Ecoambiente,  l’Arpa e la Provincia non sono ancora pronti a scavare”.

La questione dei possibili rifiuti tossici presenti nel sottosuolo della discarica di Borgo Montello ebbe inizio nel 1994, a seguito di una relazione di un tecnico dell’Enea e trovò conferme successivamente nella deposizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone a proposito dell’omicidio Santonicola in cui il pentito parlava dei fusti interrati dai casalesi nella discarica comunale. “Molto probabilmente - ha concluso la responsabile provinciale del movimento guidato da Antonello De Pierro - il problema gira intorno all’insabbiamento della  relazione dell’Enea  1994 e tutti temono di scoperchiare l' ampio giro di interessi trascinati  per un ventennio tra  i casalesi e i responsabili delle istituzioni locali. Voglio sperare che su questa vicenda si  faccia luce, non solo e soprattutto per la tutela del territorio pontino, ma anche per indagare sulla continuità delle interferenze mafiose nel nostro territorio”.

Corruzione vigili a Roma, Alemanno approva proposta di De Pierro

Il sindaco della Capitale esprime apertura nei confronti della rotazione intermunicipale degli appartenenti alla Polizia Municipale avanzata dall’Italia dei Diritti. Il presidente del movimento nazionale: “Se l’amministrazione tiene a tutelare la legalità e la trasparenza in questi organi del tessuto amministrativo, l’unica via percorribile è quella tracciata da noi”

 

 

Roma – Italia dei Diritti porta a casa l’ennesima vittoria. La battaglia che il movimento nazionale porta avanti da diversi mesi per ottenere la  rotazione intermunicipale con cadenza triennale dei vigili urbani e dei dipendenti degli uffici tecnici del Comune di Roma ha incassato il parere favorevole del sindaco Gianni Alemanno, che dopo aver ricevuto il presidente Antonello De Pierro, il responsabile romano Alessandro Calgani e la sua vice, Antonella Sassone, ha manifestato un chiaro segnale di apertura a tal proposito. “Con riferimento all’argomento in oggetto – si legge nella lettera ufficiale redatta dall’Ufficio di Gabinetto del sindaco –, vi informiamo che in merito a quanto proposto, valutato e condiviso da questa amministrazione, sono in corso ulteriori approfondimenti finalizzati alla concreta attuazione nell’ambito degli uffici in cui si riterrà di applicare detto tipo di intervento. È pertanto nell’interesse di questa stessa amministrazione darvi notizia circa gli esiti dell’analisi alla quale si sta procedendo, avendo cura di garantire il rispetto e l’osservanza dei criteri normativi che reggono l’attività amministrativa”. Una risposta che incassa la cauta soddisfazione di Antonello De Pierro, che ha dichiarato: “Prendo atto con immenso piacere di come il sindaco Alemanno abbia compreso e condiviso la proposta che sosteniamo da lungo tempo e che riteniamo l’unica via percorribile, se non per debellare, almeno per arginare l’odioso fenomeno della corruzione di alcuni elementi di questi comparti lavorativi che, oltre a screditare l’immagine stessa dell’intera categoria di cui fanno parte dipendenti che svolgono con abnegazione e senso del dovere il proprio lavoro, penalizza certamente molti cittadini ledendoli nei loro diritti, soprattutto in quello alla trasparenza e alla imparzialità nell’espletamento delle funzioni della pubblica amministrazione, garantito dall’articolo 97 della carta costituzionale. Sono storie drammatiche quelle che ci pervengono ogni giorno; ci informano di alcuni abitanti della Capitale che subiscono gravi conseguenze per la tendenza di alcuni, penso al campo dell’edilizia, a favorire gli appetiti speculativi di costruttori o privati senza scrupoli; o anche per i comportamenti omissivi di alcuni vigili urbani o dipendenti degli uffici tecnici. Certamente sono cauto nel gridare a una vittoria che premia un lungo lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul vergognoso fenomeno. Comprendiamo che per l’amministrazione comunale non sarà semplice attuare in tempi brevi un provvedimento del genere, ma confidiamo nella capacità organizzativa di chi verrà designato per tale compito. Di una cosa siamo certi: se Gianni Alemanno tiene a tutelare la legalità e la trasparenza in questi organi del tessuto amministrativo, l’unica via percorribile è quella tracciata dall’Italia dei Diritti; almeno fino a prova contraria, e nell’eventualità siamo disposti anche a valutare. Nell’interesse di tutti i cittadini che hanno riposto fiducia nella nostra battaglia – ha concluso De Pierro – monitoreremo l’andamento di quella che sarà una vera e propria rivoluzione nell’apparato impiegatizio del Comune di Roma e che ha già incassato il parere favorevole di diversi personaggi autorevoli come alcuni presidenti di municipio o comandanti del corpo di polizia municipale”.

Terremotati aquilani manganellati, dura reazione dell’Italia dei Diritti

Il Vicepresidente del movimento Roberto Soldà:”Dobbiamo ricostruire anche il tessuto sociale”. Per il responsabile per l’Abruzzo, Emiliano D’Alessandro”ormai siamo in dittatura”

 

Roma – Succede in un paese democratico. Succede in un paese democratico che 5mila terremotati a distanza di un anno manifestino il loro disagio per una ricostruzione fatta solo di carta, e vengano caricati dalle forze dell’ordine.

Succede in un paese democratico che il Premier al quale sono venuti in così tanti a chiedere aiuto preferisca barricarsi presso la sede della Presidenza del Consiglio, piuttosto che spendere parole di impegno.

“Se non fosse una situazione autenticamente drammatica, ma drammatica veramente, ci sarebbe da ridere. Terremotati costretti a manifestare in migliaia, in pieno luglio, per una ricostruzione soltanto millantata – tuona Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti – c’è un’altra, amara verità. Il tessuto sociale e quello economico non sono stati ricostruiti. Affatto”.

Il bilancio di una manifestazione nata pacifica e finita tra i posti di blocco parla di due feriti – uno manganellato alla testa e col volto coperto di sangue, medicato in un bar – e momenti di tensione.

“Non c’erano mica i black block abruzzesi, alla manifestazione – commenta duro il responsabile per l’Abruzzo dell’Italia dei Diritti, Emiliano D’Alessandro – c’erano le famiglie, i bambini, gli anziani. Siamo di fronte ad una dittatura, che reprime il dissenso sul suo operato rosicchiando le parti  vere e democratiche del paese”.

 

Tema della manifestazione: ricostruzione e tasse. Gli aquilani hanno ripreso a pagare mutui e imposte. Fino a ieri era previsto che il recupero dei tributi congelati avvenisse in 5 anni, a partire da gennaio. Tradotto, vuol dire che un operaio de l’Aquila, terremotato, con salario di mille euro al mese, si deve aspettare una busta paga mensile più leggera di quasi 300 euro.  In serata Gianni Letta fa sapere che un emendamento alla Finanziaria provvederà ad un recupero più dilazionato, in 10 anni.

“Non è con le briciole che si nutre un tessuto socio – economico distrutto – riprende il vicepresidente del movimento guidato da Antonello De Pierro – ma con provvedimenti seri e capillari, altrimenti avremo ricadute occupazionali enormi”.

Altrettanto critico D’Alessandro:”Il Governo stanzia milioni di euro per non meglio precisate necessità di riarmamento. Però non ha risorse per i bisogni veri dei cittadini. Anzi, le chiede a loro”.

Antonello De Pierro su aggressione Barbato a Montecitorio

Il presidente dell’Italia dei Diritti : “Un gesto che non esiterei a definire squadrista”

 

Roma -  Rovente il clima politico dopo la rissa scoppiata nell’Aula della Camera dei Deputati, a Montecitorio, nel corso dell’esame del disegno di legge Meloni sulle comunità giovanili. A farne le spese il deputato dell’Italia dei Valori Francesco Barbato che durante la seduta, a seguito di una lite con insulti e spintoni con alcuni onorevoli del Pdl, si è dovuto recare,  accompagnato dal collega e capogruppo Donadi, all’infermeria di Montecitorio e successivamente all’ospedale Gemelli, con una prognosi riscontrata di 15 giorni e un referto chiaro che parla di «trauma contusivo della regione zigomatica e all'occhio destro» e di  «cefalea post-traumatica».

Deciso e a distanza di tempo necessaria per l’accertamento dei fatti è il commento di Antonello De Pierro, presidente del movimento Italia dei Diritti : “Ciò che è successo all’Onorevole Barbato in parlamento è un’ennesima pagina vergognosa della storia della Seconda Repubblica. La cosa non mi meraviglia molto e evidenzia un’incapacità da parte di alcune persone della maggioranza di rispondere con argomenti credibili a dichiarazioni scomode”.

L’esponente del partito presieduto da Antonio di Pietro, dopo la richiesta di rinvio del testo in commissione da parte del Pdl, con l'accordo di tutti i gruppi e dello stesso ministro della Gioventù, ha sostenuto che la Meloni con questo ddl, volesse finanziare la corrente propria, di Alemanno e dell’assessore regionale Lollobrigida il quale gestirà tali sovvenzioni. Tra le proteste sempre più vive dagli scranni del Governo, Barbato ha proseguito, scatenando le ire di alcuni pidiellini. In seguito, nonostante i tentativi di separazione dei commessi, l’avvicinamento tra le parti e la rissa, dove lo stesso esponente dell’Idv ha ricevuto un colpo, tanto forte da necessitare accertamenti medici e 15 giorni di riposo. La svolgimento dei fatti è ancora poco chiaro ma quel che è certo è che sarà visibile e documentato nei filmati martedì, alla presenza del presidente Fini.

Oggi invece a parlare è l’occhio nero del deputato, tra lo sconcerto e il disappunto di quanti hanno assistito o semplicemente appreso della vicenda e tra i protagonisti che tentano di difendersi, accusandosi reciprocamente. “Esprimo la mia solidarietà all’onorevole Barbato – prosegue De Pierro –   e prendo atto del fatto che abbia reagito con grande compostezza ad un gesto che non esiterei a definire ‘squadrista’ d’altronde non c’è da stupirsi quando tra gli scranni del Parlamento siedono ex picchiatori fascisti che ancora accolgono le vittorie elettorali con il saluto romano. Sono stupito inoltre, per il fatto che nessuno dei suoi colleghi, ha cercato di difenderlo Gli auguro di riprendersi presto –  chiosa il presidente dell’Italia dei Diritti –   e continuare con le sue denunce pesanti ma sicuramente vitali per quegli scampoli di democrazia che questo regime ancora permette”.

 

1500 i morti della missione di pace italiana in Afghanistan, De Pierro indignato

 

Il presidente dell’Italia dei Diritti: “I nostri soldati coinvolti in una vera e propria guerra, il Ministro La Russa riferisca in Parlamento sulla reale natura delle nostre missioni ”

 

 

“E’ l’ennesima conferma, qualora ce ne fosse stato bisogno, che i nostri militari in Afghanistan non sono impegnati in una missione di pace bensì si trovano coinvolti nel pieno di un conflitto senza esclusione di colpi”. Questo il duro commento del presidente dell’Italia dei Diritti, Antonello De Pierro, in seguito a quanto emerso dalla scottante inchiesta del settimanale L’espresso circa le taciute e numerose vittime dei soldati italiani in “missione di pace” in Afghanistan che avrebbero ucciso tra i 1200 e 1500 talebani. Per riportare l’armonia le nostre truppe si servirebbero di “diplomatiche” azioni militari giornaliere con l’utilizzo di mezzi pesanti quali ad esempio cingolati Dardo, autoblindo pesanti Freccia ed elicotteri Mangusta armati con cannoncini. Altro dato sul quale non esistono versioni ufficiali è quello relativo ai prigionieri che in teoria non sarebbero mai stati catturati dagli italiani perché sarebbero stati consegnati ai marines o ai rappresentanti del governo di Kabul. Circa il senso sulla natura dell’incarico delle nostre Forze Armate, aspro l’affondo di De Pierro che chiosa: “Il fatto di aver ucciso, sembra, circa 1500 talebani per fortuna senza vittime tra i civili, oltre ai purtroppo numerosi nostri soldati che hanno perso la vita, ci deve far riflettere sull’opportunità della nostra presenza militare in quelle terre così martoriate. Se nel 2003 erano in loco alcune centinaia di nostri soldati e se alla fine dell’anno in corso è prevista la partecipazione di circa 4000 unità, oltre a rivedere l’utilità della nostra missione non possiamo ignorare gli altissimi costi che questa comporta per le languenti casse dello Stato soprattutto in un periodo di piena crisi economica. Tra l’altro noi dell’Italia dei Diritti – prosegue stizzito De Pierro - vorremmo un’assunzione di responsabilità da parte di questo Governo ed evitare di piangere ancora dei morti tra le nostre file. Per parlarci chiaro il nostro punto di vista è che i militari italiani non fanno parte di alcuna missione di pace ma sono lì per difendere grossi interessi internazionali. I nostri uomini e le nostre donne in divisa vengono sacrificati sull’altare affaristico di chi si arricchisce sulla loro pelle, nella maggior parte dei casi sulle speranze e le aspirazioni di giovani che rischiano la vita per una paga più elevata in vista di un futuro migliore. Tutto ciò ci sembra veramente meschino, vorremmo almeno che, invece di far giacere tutte le informazioni in un assurdo silenzio, gli italiani fossero messi a conoscenza sulla verità dei fatti anche se siamo consapevoli che i nostri desideri s’infrangono sugli scogli dell’utopia”. Vista la rilevanza dell’inchiesta, l’Italia dei Diritti ha provato a contattare l’ufficio di Gabinetto del Ministero della Difesa per conoscere la posizione del Ministro La Russa in relazione a quanto emerso dall’indagine giornalistica. Il portavoce ci ha fatto sapere che qualora il Ministro avrebbe fornito delle dichiarazioni in merito, ce lo avrebbero comunicato. All’ufficio stampa dell’Italia dei Diritti non è giunta ancora nessuna nota, nonostante l’urgenza di una risposta che una simile inchiesta richiederebbe.  “Gradiremmo – conclude De Pierro - che il Ministro della Difesa Ignazio La Russa, prima di dedicarsi alle sue pur legittime sortite mondane, riferisca in Parlamento su quella che è la situazione reale delle nostre missioni, tengo a precisare, di guerra, senza ammorbidirla con mistificazioni di convenienza auspicando la previsione di un progetto di ritiro delle nostre truppe”.

Morte Lelio Luttazzi, il cordoglio della Nieddu

La responsabile per i Beni Culturali dell’Italia dei Diritti : “Grande personaggio, una perdita incolmabile”

 

Roma -  Tra il silenzio e il garbo che hanno caratterizzato gli ultimi anni della propria esistenza, si è spento ad 87 anni a Trieste, sua città natale, Lelio Luttazzi. Artista completo che ha attraversato, vivendole, la storia della radio, della televisione, del cinema e della musica italiana nei momenti di massima crescita. Dal teatro di  rivista, al passaggio alla tv come comico e presentatore di numerosi varietà tra cui “Studio Uno”al fianco di Mina  fino al cinema, poi, come compositore. Luttazzi resterà il “maestro dello swing”, indimenticato conduttore radiofonico. “E stato senz’altro uno dei protagonisti dello spettacolo italiano – commenta Anna Nieddu, resposabile per i Beni Culturali dell’Italia dei Diritti –  la trasmissione radiofonica ‘Hit Parade’  è viva nella memoria delle persone che hanno vissuto quei tempi. Ciò che contraddistingue questi grandi personaggi che purtroppo, per motivi anagrafici, ci stanno lasciando è soprattutto la grande umiltà e la riservatezza. Lo stesso Luttazzi, diceva sempre dopo esser riapparso nel mondo dello spettacolo, di sentirsi un attore incapace e un musicista non particolarmente speciale, sostenendo che il ricordo del pubblico fosse legato proprio al suo sparire dalla scena”. Il riferimento va alle vicende che hanno adombrato vita e carriera dell’artista nel momento di massimo fulgore. Nel 1970 infatti fu arrestato con Walter Chiari e Franco Califano con l’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti. Completamente scagionato dopo 27 giorni di carcere, fu liberato ma la sua carriera subì un contraccolpo definitivo. Non riuscì mai infatti a tornare in Rai e amareggiato si ritirò a vita privata. “Quella brutta storia –continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello de Pierro –  nonostante la riabilitazione successiva, lo segnò per tutta la vita, asseriva infatti di vivere nel terrore che prima o poi saltasse fuori il suo nome in vicende legate alla droga”.

Negli ultimi anni, Luttazzi, aveva fatto nuovamente capolino sul piccolo schermo, intervenendo in trasmissioni Rai e al teatro Ariston, per il Festival di Sanremo 2009. “Personaggio schivo – conclude Anna Nieddu –  si rifaceva ad Oblomov, era una persona che ha lavorato fino all’ultimo dedicando un cd jazz alla sua amata citta: Trieste. Validissimo, dal punto di vista della musica, con un ritorno alle radici dello swing e del jazz. Grande personaggio, una perdita incolmabile”.

Appalti pilotati nel carcere di Massa, l’analisi della Ferrari

La responsabile per la Toscana dell’Italia dei Diritti: “Per contrastare tale fenomeno è necessaria una maggiore trasparenza sulle modalità di affidamento delle opere pubbliche e dei servizi”

 

Firenze – “Non conosco ovviamente  i dettagli dell’operazione ‘Do ut des’ che è attualmente oggetto d’indagine da parte della Squadra Mobile di Massa.  Direi che il nome è alquanto eloquente per dedurre come la spinta degli interessi sottesa alla truffa ai danni dello Stato, falso, concussione e turbativa d'asta, sia in grado di orientare e condizionare le scelte economiche e sociali,  purtroppo anche a livello locale. Comprendere questi meccanismi di interesse pertanto è essenziale anche nell’indirizzare le attività di contrasto, nella duplice valenza preventiva e repressiva”. Con queste parole la responsabile per la Toscana dell’Italia dei Diritti, Emanuela Ferrari, commenta l’operazione di polizia che ha portato all’arresto di nove persone tra funzionari pubblici e imprenditori, coinvolti in appalti pilotati per la realizzazione di lavori all' interno del carcere di Massa.

“La considerazione e il calcolo dei costi della corruzione, la comprensione delle dinamiche ‘sotterranee’ che sorreggono certe scelte di allocazione di risorse o di politica economica, costituiscono terreno fertile per svegliare le coscienze e sollecitare l’attenzione dei media e della società civile in generale, sulle variabili che condizionano la qualità della spesa pubblica e, in ultima analisi, lo sviluppo economico del territorio e la vita dei cittadini. Diventa infatti determinante per contrastare il fenomeno – sottolinea l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro –, la trasparenza sulle modalità di affidamento delle opere pubbliche e dei servizi. Penso ad esempio, alle trattative private, alle procedure di urgenza, alle proroghe di affidamenti. Necessaria è anche la limpidezza sulle modalità e sull’effettività dei controlli preposti. Non capitata di rado infatti, di trovarsi di fronte a difformità relativamente alla qualità fornita rispetto a quella contrattualizzata, con il conseguente aumento del corrispettivo aggiudicato in sede di gara dovuto ad un uso distorto della prassi delle varianti in corso d’opera.

“In certi casi – continua la Ferrari – si limita il condizionamento ad accordi di piccole dimensioni o a pagamenti per ‘oliare’ il sistema burocratico, ma spesso ci si muove secondo i meccanismi della ‘grande corruzione’, che segna il sopravvento degli interessi di un gruppo di privati rispetto al potere decisionale del pubblico. In questo caso, gli effetti distorsivi non si producono solo sul piano squisitamente economico, ma giungono a minare la credibilità delle istituzioni e a danneggiare lo stesso tessuto della società civile”.

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