La viceresponsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti: “Le aziende dovrebbero aprirsi a tale provvedimento con l'entusiasmo di chi compie un buon investimento”
Roma - Quattro giorni di ferie a stipendio pieno per i neo papà, un congedo obbligatorio a carico delle aziende per i lavoratori dipendenti e del sistema previdenziale per gli autonomi. Sono così sintetizzabili le due proposte presentate alla Camera, una dalla maggioranza e l’altra dall’opposizione, attualmente all’esame della commissione Lavoro di Montecitorio.
Per prima è arrivata quella dell’onorevole Alessia Mosca (Pd), firmata da 25 deputati, poi è stata depositata quella della deputata Barbara Saltamartini (Pdl), sottoscritta da 36 colleghi.
Una maniera, asseriscono le due firmatarie, per riequilibrare un’altra stagione della vita dopo l’equiparazione dell’età pensionabile, un’occasione per passare dalle pari opportunità alle pari responsabilità ,veicolando il messaggio che la cura dei figli non può essere a carico solo delle mamme.
“Voglio ben sperare – commenta Francesca Scoleri, viceresponsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti – che questo ‘obbligo’ non sia avvertito come tale da parte dei neo papà. La condivisone del lieto evento è senza dubbio un atto d' amore verso la famiglia che si è costituita e verso il nascituro. Il fatto che, laddove è presente il congedo facoltativo, la richiesta sia bassissima, non è incoraggiante in questo senso. C'è bisogno di padri che si facciano carico del ‘piacere’ di accudire i figli e che non vivano questi momenti straordinari con ansia e intolleranza”.
Netto il riferimento alla situazione attuale in Italia, dove, in attesa del congedo coatto, quello facoltativo è una rarità: richiesto soltanto dal 4% dei padri. Obbligati a stare con i figli, dunque, per imparare a volerci stare. Adeguandosi al resto dell’Europa dove leggi simili sono già presenti e attuate.
“Le aziende – conclude l’esponente del movimento presieduto da Antonello de Pierro – dovrebbero aprirsi a tale provvedimento con l'entusiasmo di chi compie un buon investimento. La famiglia è senza dubbio il pilastro portante della società. Garantire sostegno alla sua organizzazione è una scelta coscienziosa”.
La responsabile cittadina dell’Italia dei Diritti: “Si impegni il Comune ad attrezzare questa zona con presìdi notturni”
Milano – Il debutto dell’isola pedonale dei Navigli nel primo weekend non può certo dirsi positivo. Numerosi e irrisolti i disagi: l'invasione delle auto che a mezzanotte sfrecciano fra i tavolini all’aperto, i banchetti di venditori abusivi, i suv lasciati in bella vista sotto i cartelli di divieto di sosta e l’assenza dei vigili oltre le ore 21.
“In quella zona le cose non sono cambiate – afferma Annalisa Martino, responsabile per Milano dell’Italia dei Diritti –; dettano legge i commercianti, i ristoratori, i gestori di locali, i quali hanno interesse a chiedere la chiusura del traffico ma non garantiscono una contropartita in termini di responsabilità. Parcheggiare sui Navigli è quasi impossibile, si sosta l’auto di pomeriggio e quando successivamente si cerca di uscire, nella maggior parte dei casi, si rimane incastrati a causa di macchine in tripla fila o grossi suv, che impediscono anche i passaggi di emergenza per le autoambulanze. Serie difficoltà – continua la Martino – vissute dai residenti. Il quartiere infatti non è soltanto il ritrovo della Milano notturna, è soprattutto una vecchia zona popolare, oggi con abitazioni di pregio, dove purtroppo, passato un certo orario, succede di tutto”.
Tanto anche lo sporco in bella vista, data la scarsità dei cestini dell'immondizia, quattro in centinaia di metri, che già alle 23 traboccano di bottiglie in vetro, la cui vendita sarebbe vietata da un'ordinanza di Palazzo Marino. Problemi riscontrati da tempo che non paiono arginati dalle misure che si dichiaravano previste. Abbassate le serrande dei bar, i Navigli tornano a essere un luogo pericoloso, di spaccio e di tossicodipendenza.
“Il Problema pusher – prosegue la rappresentante del movimento presieduto da Antonello De Pierro – emerge in situazioni di affluenza di pubblico giovane; in questo caso, mancando un’adeguata e costante sorveglianza, il grosso disagio rimane. È auspicabile che il Comune e le forze dell’ordine si impegnino ad attrezzare la zona di controlli notturni e che gli stessi esercenti, godendo per primi della maggiore visibilità garantita ai loro negozi dall’isola pedonale contribuiscano al finanziamento dei presìdi. Attivazione sinergica per tutelare i residenti”.
Il presidente dell’Italia dei Diritti contro il decreto – bavaglio:«Siamo al corto circuito democratico»
Roma - «Con il passaggio al Senato del ddl sulle intercettazioni si è avuta la certezza, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, che l’attuale maggioranza è una lobby politico – affaristica sbarcata in Parlamento grazie all’inganno mediatico di un impeccabile illusionista che si spaccia per Premier. E' iniziato il massacro della libertà e il corto circuito della democrazia».
Durissimo il presidente dell'Italia dei Diritti Antonello De Pierro alla notizia del via libera del Senato al ddl sulle intercettazioni, approvato con 164 voti favorevoli e 25 contrari.
Blindato dal voto di fiducia, il provvedimento è stato approvato senza il Pd, che ha abbandonato l’aula in segno di protesta.
«L’Italia dei Diritti si oppone a questo ennesimo colpo di mano sudamericano e piduista e chiama a raccolta per una mobilitazione civile tutti coloro che hanno la forza di far sentire la voce scandalizzata del dissenso – tuona De Pierro – occorre risvegliare le coscienze addormentate dalla mistificazione operata dai media di regime».
Forti reazioni al provvedimento da parte di magistratura e società civile: mentre l’Associazione Nazionale Magistrati ritiene che il provvedimento «metterà in ginocchio l’attività di indagine di Pm e polizia», il popolo viola si è radunato, nella tarda serata di ieri, per un sit – in davanti a Palazzo Grazioli. Dello stesso avviso De Pierro:«Si tratta di un clamoroso regalo alla criminalità, contro il rispetto della legalità che da sempre propugniamo».
Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Voglio pensare che sia stata solo l’ennesima bravata di un leghista, ma anche qualora fosse così ne sono state sottovalutate portata e conseguenze”
Roma, 14 giugno 2010 – “Voglio sperare che sia stato un mero errore materiale, ma se cosi non fosse sarebbe un fatto di una gravità inaudita”. Queste le parole di Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti, in merito alla querelle di cui è stato protagonista il presidente della Regione Veneto Luca Zaia sabato mattina, reo, stando a quanto riportato dal quotidiano “La tribuna di Treviso”, di aver cancellato, durante l’inaugurazione di una scuola, l’esecuzione dell’inno nazionale per far posto al “Va’ pensiero” di Verdi. “Se tutto ciò fosse vero – incalza Soldà – sarebbe un insulto all’unità italiana e meriterebbe lo sdegno di tutta la nazione. Voglio pensare che sia stata solo l’ennesima bravata di un leghista – conclude il rappresentante del movimento presieduto da Antonello De Pierro –, ma anche qualora fosse così ne sono state sottovalutate portata e conseguenze”.
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La responsabile per le Attività Produttive e l’Industria dell’Italia dei Diritti: “Questo è un settore che crea sviluppo, il Governo non faccia scelte scellerate ed elimini l’articolo 45”
“Più che una manovra economica questa sembra una manovra di lobby interne relativa a certi interessi di natura personale nonostante alcune voci fuori dal coro all’interno della maggioranza di Governo”. Questo il primo commento della responsabile per le Attività Produttive e l’Industria dell’Italia dei Diritti, Antonella Silipigni, all’allarme lanciato dal variegato e composito gruppo che ha levato un coro di proteste contro l'articolo 45 della manovra che toglierebbe e paralizzerebbe gli investimenti destinati alle energie rinnovabili. A contestare e ritenere ingiusto questo provvedimento anche il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia, oltre alle banche preoccupate per la possibilità di far saltare circa 4,6 miliardi di investimenti e per la perdita della grande opportunità che il settore offre essendo uno dei pochi in controtendenza alla crisi. In questa legge, che di fatto determina un’instabilità normativa in materia, molti oppositori vedono un espediente per eliminare un concorrente temibile per il piano nucleare. Secca la critica dell’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro: “Una legge va concertata con le esigenze di mercato, occorre cioè verificare se sussiste un bisogno reale e le rinnovabili contribuiscono in maniera forte e concreta alla crescita economica. Di conseguenza, se il Governo fa scelte sconsiderate rispetto alle necessità del territorio e dell’economia, è un cattivo amministratore. Questo è un settore che crea sviluppo come ad esempio avviene in Germania paese molto avanti nel campo delle rinnovabili. Tutto ciò non può essere ignorato perché il Governo preferisce portare avanti il nucleare per interessi personali che stridono con quelli nazionali. La cosa peggiore è che, nonostante l’indotto notevole derivante dal settore, sono spesso ostruiti i canali a livello regionale per l’accesso ai fondi europei. Condivido la preoccupazione delle banche perché se passasse l’articolo 45 andrebbero persi anche i fondi dell’unione europea e questo un paese come il nostro non può permetterselo. Mi auguro quindi – conclude la Silipigni - che quell’articolo venga completamente stralciato”.
Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Messaggi del genere non fanno altro che mettere in luce la scarsa capacità gestionale di questa amministrazione”
Roma – Settantacinquemila euro. È questa la cifra necessaria per il restauro dell’Acquedotto Felice, l’opera di ingegneria idraulica voluta da papa Sisto V nel 1587. La crisi però si fa sentire anche sui beni culturali, così la Sovrintendenza del Comune di Roma ha pensato di ripetere l’operazione di project financing già attuata per piazza Venezia, Trinità de’ Monti e piazza Navona istituendo un bando per la concessione di spazi pubblicitari sui ponteggi che verranno allestiti per il restauro e il consolidamento di un monumento troppo superficialmente ritenuto “minore”. Dal 21 giugno, dunque, data di scadenza del bando, il tratto di Acquedotto Felice di via Tuscolana, all’altezza di Porta Furba, potrebbe trasformarsi in uno spazio pubblicitario a cielo aperto, con buona pace dei turisti che al posto di opere architettoniche secolari si ritroveranno davanti agli occhi slogan di tutti i tipi.
“La ricerca di sponsor per finanziarie simili lavori è una cosa che va avanti da anni – ha commentato Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti – ma l’augurio è che non siano fondamentali questi settantacinquemila euro, perché se dovessimo ricorrere ad annunci anche per restauri di questa entità significherebbe che siamo arrivati proprio alla frutta. Servono molti soldi per manutenere le tante bellezze storiche di cui i nostri figli e tutti i turisti che arrivano nella Capitale si riempiono gli occhi – conclude il rappresentante del movimento presieduto da Antonello De Pierro –, ma di certo messaggi del genere non fanno altro che mettere in luce la scarsa capacità gestionale di questa amministrazione”.
La responsabile per i Trasporti dell’Italia dei Diritti: “Come era facile prevedere, saranno i più deboli a pagare i costi dei tagli agli enti locali previsti dal governo”
Roma – Se i tagli agli enti locali previsti nella manovra economica del governo dovessero essere confermati, per il trasporto pubblico regionale ci saranno 3,5 miliardi di euro in meno a disposizione, con pesanti ripercussioni per tutti i cittadini. “Ritengo – ha detto Maruska Piredda, responsabile per i Trasporti dell’Italia dei Diritti – che queste siano conseguenze inevitabili, visti i pesanti tagli alle regioni che il governo sta per introdurre. Fin da subito ho sostenuto che sarebbero stati i più deboli a pagare i costi dei sacrifici, e questo è quello che puntualmente accadrà”.
Non tutte le regioni tuttavia saranno colpite allo stesso modo. Puglia, Lombardia. Lazio e Campania, infatti, subiranno i tagli più consistenti che porteranno ad una diminuzione di circa un quarto del servizio, con inevitabili soppressioni di tratte, cambi di orario e riduzione di agevolazioni e sconti per i cittadini. “Quando si riducono le risorse in modo così pesante – ha continuato la responsabile del movimento guidato da Antonello De Pierro – è naturale che i costi dei trasporti andranno inevitabilmente a salire, aumenteranno i disservizi, e a pagare come al solito saranno le persone che per andare a lavorare utilizzano i mezzi pubblici. Siamo solo all’inizio e questa non è altro che la punta dell’iceberg”.
Il responsabile per l’Immigrazione dell’Italia dei diritti: “Esistono tipologie diverse di irregolari, serve un’Italia meno miope”
Roma, 11 giugno 2010 – E’ di ieri la decisione con la quale la Corte Costituzionale ha bocciato l’aggravante di clandestinità (pene aumentate di un terzo se a compiere un reato è un irregolare) prevista dal primo pacchetto sicurezza del governo, valutandola illegittima ai sensi degli artt. Cost. 3 e 25. Il via libera, invece, viene concesso al mero reato di immigrazione clandestina. Il responsabile per l’Immigrazione dell'Italia dei Diritti, Emmanuel Zagbla coglie l’opportunità fornita da questa decisione della Consulta per far luce su aspetti molte volte ignorati dal dibattito politico.
“Ritrovarsi senza documenti in un paese straniero rappresenta una violazione alle leggi di per sé, per cui ogni ulteriore reato va ad inserirsi in un quadro complessivo di irregolarità ab origine, ed è su questo che dobbiamo lavorare. Esistono due principali fattispecie di immigrazione irregolare – puntualizza Zagbla -, una in cui il clandestino fugge da paesi non rispettosi dei diritti umani oppure in stato di guerra ed un’altra in cui la persona proviene da nazioni in condizioni meno drammatiche” In base a questo presupposto, l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro, auspica la previsione, di una distinzione tra clandestinità lieve ed una grave, la prima, appunto prevista per chi proviene da stati come il Sudan o l’Afghanistan che non hanno stipulato al momento patti di riconoscimento con l’Italia, o che non abbiano ambasciate.
“Conseguentemente alla bocciatura, si attende dall’Esecutivo italiano il varo di una politica immigratoria meno miope e che porti intrinseca la distinzione tra le diverse tipologie umane che attraversano i nostri confini”, questo l’augurio di Zagbla. “L’Italia dei Diritti prende atto della decisione della Consulta e attende che la normativa nazionale si adegui”.
Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Invece di pensare all’architettura cittadina come fece Mussolini il sindaco dovrebbe preoccuparsi di chi non ha la casa e di chi la vorrebbe ma non riesce a trovarla”
Roma – Il sindaco di Roma Gianni Alemanno sta pensando alla possibilità di costruire dei grattacieli nella Capitale con lo scopo di riqualificare le periferie urbane e dare un segnale forte dal punto di vista architettonico. Nella Città Eterna, tuttavia, secondo un’antica consuetudine non è possibile costruire edifici che superino in altezza la basilica di San Pietro che deve restare la vetta più alta di Roma. “Il sindaco – ha dichiarato Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti – dovrebbe pensare a dare risposte ai cittadini romani che non hanno la casa, o a quelli che la cercano e non riescono a trovarla invece di pensare a costruire i grattacieli nelle periferie”
Le affermazioni del primo cittadino, come spesso accade quando si toccano argomenti di questo genere, non hanno mancato di suscitare reazioni in ambienti politici e nel mondo cattolico, provocando commenti favorevoli e contrari. “Sono passati due anni e mezzo – ha affermato l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro - da quando Alemanno si è insediato al Campidoglio e sta ancora pensando a come organizzare la macchina amministrativa. Invece di dedicarsi all’architettura di Roma come fece Mussolini, il sindaco dovrebbe occuparsi dei problemi della città e di dare risposte ai bisogni degli abitanti”.
Anziani coniugi costretti a vivere in tenda a Roma, l’intervento di Soldà
Il vicepresidente dell’ Italia dei Diritti: “Tutelare le fasce più deboli è di primaria importanza”
Roma – “Casi di abitazioni precarie sono all’ordine del giorno nelle periferie romane ed esprimono un forte disagio sociale. Occupare una casa è si un reato, ma bisogna pur capire le difficoltà oggettive di queste persone, che non potendo sostenere le spese dell’affitto ricorrono a volte a questi espedienti illegali”.
Con queste parole Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti, esprime il suo parere riguardo la vicenda venuta alla luce questa mattina a Tor De Schiavi, nella periferia della Capitale, dove una coppia ultrasessantenne è costretta a vivere in tenda dopo essere stata sfrattata con forza da una casa dell’Ater, occupata per necessità. L’episodio è emerso casualmente quando la coppia è stata scoperta e ha riferito la propria situazione: dopo aver subito uno sfratto per fine locazione nel 2004 e di essere risultata in graduatoria col punteggio 10 per una sistemazione popolare che non è mai arrivata, motivo per il quale è stata costretta a pagare per quattro anni un affitto di circa 950 euro mensili. “Il problema di queste sistemazioni indegne purtroppo è presente anche qui a Roma - conclude l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro -, e nonostante le promesse fatte durante la campagna elettorale dal sindaco Alemanno nulla è cambiato e credo che tutelare le fasce più deboli sia fondamentale”.
La vice responsabile regionale dell’Italia dei Diritti: “Tributo inopportuno sebbene fiscalmente corretto, la Regione provveda a verificarne la regolarità”
“Le borse di studio erogate grazie al bando ‘Ritorno al Futuro’ sono state un fiore all'occhiello della campagna elettorale del neo eletto presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Questo provvedimento, insieme ad altri rivolti ai giovani pugliesi, ha contribuito e contribuirà ancora alla formazione di una nuova classe dirigente, risorse da impiegare nei vari settori del mondo lavorativo pugliese. L'idea che a queste borse di studio debba essere applicata una tassazione aggiuntiva, che di fatto ne riduce notevolmente il valore, è inopportuna sebbene fiscalmente corretta”. Queste le parole della vice responsabile per la Puglia dell’Italia dei Diritti, Patrizia Lusi, in seguito alla rivolta dei beneficiari di questi master che dopo aver usufruito del rimborso totale del costo del corso, si sono visti arrivare ingenti tasse senza però esserne stati precedentemente informati. La protesta dal web si è diffusa fino a giungere alla Regione che tramite Alda Sasso, assessore al Diritto allo Studio e alla Formazione, fa sapere che si verificherà se ci sono stati degli errori. E’ proprio sulla chiarezza che l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro puntualizza: “La rivolta nata spontaneamente sul web ha tutte le ragioni di esistere, atteso che il rapporto con il fisco dei giovani lavoratori dovrebbe iniziare a svilupparsi sul piano della correttezza e della trasparenza. La contribuzione individuale, al sostenimento dello Stato e delle strutture ad esso collegate, deve essere per tutti i lavoratori, attuali e prossimi, motivo di orgoglio e di soddisfazione se detta contribuzione è fatta nel rispetto delle regole dell’evidenza e dell’accuratezza. Auspichiamo – conclude la Lusi - che la Regione Puglia provveda quanto prima a verificare la regolarità dell'esenzione fiscale delle borse di studio per ridare serenità a tanti giovani”.