Il viceresponsabile per
Roma – Un’inchiesta condotta dal Tribunale di Lecce ha portato all’arresto di nove persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione e al mantenimento in schiavitù di lavoratori immigrati, estorsione, favoreggiamento della clandestinità e truffa aggravata ai danno dello Stato. Questo è lo scenario delineato dalla Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Brindisi e dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Lecce circa una delle aziende pugliesi più attive nel settore del fotovoltaico.
“E’ sconcertante. Bisogna meditare sul fatto che – commenta Vincenzo Anelli, viceresponsabile per
Parte del personale di una nota società italo-iberica di impianti fotovoltaici con sede a Brindisi, ha assunto immigrati privi di permesso di soggiorno, favorendo la loro irregolare permanenza nel territorio italiano, ed impiegandoli in mansioni equiparabili al servaggio.
L’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro ha fatto riferimento alla netta contrapposizione di atteggiamenti che vige nel nostro paese: “Da un lato c’è una società civile illuminata e ospitale, che permette a chi arriva in Italia di condurre una vita dignitosa, di certo alla larga da lager come Manduria; dall’altro, purtroppo, c’è chi è senza scrupoli e si approfitta di essi.
Un settore innovativo come quello del fotovoltaico dovrebbe agire da traino per lo sviluppo e per il mercato del lavoro, incidendo sulla ripresa economica del Paese. E’ in settori come questo e non nel Nucleare che bisogna investire, se si vuole guardare al futuro. Purtroppo - conclude Anelli – la riflessione più amara sulla vicenda, è che la vita di questi uomini immigrati, è considerata nulla”.
Il responsabile per
Roma – Sarà
“Ogni giorno ce n’è una nuova – osserva Giuliano Girlando, responsabile per
Fanno discutere anche le recenti parole di Maurizio Paniz, membro Pdl della commissione Giustizia, secondo il quale il sistema attuale non sarebbe corretto, forse addirittura anticostituzionale, in quanto secondo lui il conflitto di attribuzione è sollevato dalla magistratura, automaticamente il processo si blocca, ma se è sollevato da un'altra istituzione come
In merito, l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro ha commentato duramente la dichiarazione del berlusconiano: “Paniz segue semplicemente la linea d’attacco ai magistrati, di cui abbiamo avuto esplicito esempio nelle espressioni del Premier sul tribunale di Milano, la scorsa settimana. Si dovrebbero tenere a mente le parole del Presidente della Repubblica. Non mi pare che Paniz abbia ben chiaro quanto raccomandato da Napolitano, in particolare sull’insindacabilità delle sentenze deliberate dai giudici. Aspettiamo la decisione della Consulta – conclude Girlando -, sperando che venga quanto prima ristabilito il giusto ruolo alla magistratura”.
Il responsabile per l’Ambiente dell’Italia dei Diritti: “La classe dirigente dovrebbe tener conto che questi mostri, non solo deturpano il paesaggio, ma richiedono anche un enorme spreco di denaro pubblico”
Roma - La penisola sorrentina, in particolare la città di Vico Equense, potrebbe subire un’incredibile alterazione paesaggistica, a causa del viadotto di Seiano che rischia di entrare a far parte della categoria degli ecomostri. Il ponte, nato inizialmente come strada a servizio dello scavo della galleria nella grotta di Scutolo, sede di un impianto di depurazione ideato negli anni Settanta dalla Cassa del Mezzogiorno e mai ultimato, è al centro di una disputa tra chi lo vorrebbe eliminare e chi, invece, lo vorrebbe come alternativa alla S.S. 145, sempre intasata nel periodo estivo. Alberto Maria Vedova, responsabile per l’Ambiente dell’Italia dei Diritti, si sofferma sulla questione dichiarando: “Siamo di fronte all’ennesimo scempio che deturpa l’ambiente, colpendo luoghi di una bellezza paesaggistica unica, posti di cui l’Italia è ricchissima, sebbene chi di dovere non riesca mai ad apprezzarli fino in fondo”.
Ad aver dato, nel 2010, il via libera alla costruzione dell’impianto incriminato è stato Massimo Menegozzo, commissario di Governo per le Bonifiche e la Tutela delle Acque nella Regione Campania. L’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro, quindi, si rivolge alle autorità competenti, chiedendo buon senso e il rispetto della legge: “La classe dirigente, quando si ritrova a dover prendere decisioni in merito a costruzioni che, come avviene nel caso del viadotto di Seiano, resteranno parcheggiate, dovrebbe tener conto che questi mostri, non solo deturpano il paesaggio, ma richiedono anche un enorme spreco di denaro pubblico”.
“C’è poco da fare - conclude la sua riflessione Vedova -, bisogna muoversi rispettando i piani regolatori. Deve cambiare la mentalità di chi gestisce lavori di questo tipo, poiché non è ammissibile che, soprattutto nelle vicinanze delle zone costiere, si continui a procedere nella costruzione di opere inutili che devastano l’ambiente e gravano pesantemente sulle spalle dei contribuenti”.
Così il viceresponsabile per la provincia di Parma dell’Italia dei Diritti: “Questo genere di tagli fa male alla società, prima che alla scuola in sé poiché chi siede tra i banchi è la futura classe dirigente della nostra Nazione”
Roma – Continua la pioggia di tagli sulla scuola pubblica, questa volta sono i maestri degli istituti scolastici a far sentire la loro voce contro le misure intraprese da Palazzo Chigi. Almeno 100 insegnanti, dei quali la metà delle elementari, verranno congedati. L’altra faccia della medaglia è rappresentata da un maxi finanziamento da 13milioni di euro, destinato alle scuole private dell’Emilia Romagna.
“Questo genere di tagli – osserva Paolo Leporati, viceresponsabile per la provincia di Parma dell’Italia dei Diritti -, fanno male alla società, prima che alla scuola in sé poiché chi siede tra i banchi è la futura classe dirigente della nostra Nazione. Questi aggiustamenti vengono adottati perché si sta toccando il fondo del barile: è sulla bocca di tutti che i soldi pubblici sono spesi male, se non malissimo. Ci dovrebbe essere un’istituzione che tuteli i diritti di questi insegnati, invece di negare loro addirittura la possibilità di lavorare”.
Nel corso della Riforma Gelmini , la scuola pubblica parmense è stata smembrata già di circa 300 unità, ora gli insegnanti si oppongono ad ulteriori riduzioni di personale.
“Come si fa a voler rilanciare l’economia se non si fa altro che tagliare posti di lavoro? - continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello de Pierro – Non bisogna essere solamente indignati, ma pronti e capaci di ‘capovolgere il calzino’. La politica è fatta dalla gente, prima che dai politicanti – conclude Leporati -, come mai ci sono persone che investono molteplici incarichi, guadagnando due o più mensilità, alle quali nessuno dice nulla? Questi sono i tagli che lo Stato dovrebbe fare”.
Il viceresponsabile per il XIII municipio di Roma dell’Italia dei Diritti: “Mi auguro che stavolta i poteri di delega saranno effettivi, dal momento che fin troppe volte son rimasti esclusivamente chiacchiere”
Roma - La scorsa notte il Campidoglio ha approvato la delibera 178/2009 per il decentramento del XIII Municipio capitolino che comprende Ostia e dintorni. Il provvedimento va ad ampliare i poteri del minicomune affidatigli dalla cosiddetta “Delibera Pannella” del ’92 e concede all’amministrazione la facoltà di rilasciare concessioni edilizie fino a seimila metri cubi. “Speriamo che non sia un’ulteriore beffa e che, questa volta, si passi dalle solite parole ai fatti concreti”. Così Rodolfo Sordoni, viceresponsabile per il XIII Municipio di Roma dell’Italia dei Diritti, commenta la decisione dell’assemblea comunale.
La delibera, oltre a concedere all’organo territoriale l’opportunità di regolamentare le concessioni balneari e di occuparsi del verde pubblico, permette al minisindaco di partecipare alle sedute della Giunta comunale quando verranno trattati argomenti relativi al territorio.
In conclusione, l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro, senza perdere il tono scettico del suo intervento, dichiara: “Mi auguro che stavolta i poteri di delega saranno effettivi, dal momento che, fin troppe volte, son rimasti esclusivamente chiacchiere”.
Il responsabile per le Infrastrutture e i Lavori Pubblici dell’Italia dei Diritti: “Tutto questo è scandaloso e dimostra la poca sensibilità che il Governo ha verso i cittadini”
Roma – A più di un mese dal nubifragio, avvenuto in Basilicata il 1° marzo scorso, Rosa Gentile, assessore alle Infrastrutture della Regione, ha accusato il Governo di non aver stanziato nemmeno un euro per soccorrere le popolazioni lucane. Il riconoscimento della Basilicata come zona danneggiata è rimasto un mero atto formale. Il ministro Tremonti, inoltre, tramite il suo consigliere giuridico, ha fatto sapere che si riparlerà dei fondi solo dopo che la Regione avrà provveduto ad aumentare al massimo le imposte di propria competenza.
Luca Ragone, responsabile per le Infrastrutture e i Lavori Pubblici dell’Italia dei Diritti, ha così espresso la sua opinione in merito: “Si spendono miliardi di euro per le campagne elettorali, come ora a Milano, mentre per le crisi vengono stanziate cifre irrisorie. E’ successo per l’Aquila e ora la stessa cosa accade per la Basilicata. Per quest’ultima è peggio, perché non solo non hanno dato fondi, ma hanno tassato ulteriormente cittadini già in difficoltà. La Regione non ha molte risorse, sia a livello territoriale sia per quanto riguarda il reddito procapite.
Il Governo pensa solo a salvare il Premier e non si interessa dei problemi seri. Quello che vanta è tutto fumo poiché – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – parla di parità tra Nord e Sud ma, in realtà, non è così. Il Governo essendo appoggiato dalla Lega Nord, che gli porta voti, spende soldi se c’è da accontentare Bossi. Ma da Roma in giù, dove il leader del Carroccio non prende consensi, non ci si preoccupa dei problemi.
Tutto questo è scandaloso – conclude Ragone – e dimostra la poca sensibilità che l’Esecutivo ha verso i cittadini”.
Il responsabile regionale per l’Italia dei Diritti: “Speriamo che il processo, come i risarcimenti, riesca a salvarsi da qualche ennesima invenzione legislativa della maggioranza di governo”
Cagliari, – “Le richieste di condanna per le tre morti alla Saras, nel 2009, arrivano beffardamente a pochi giorni dalla nuova morte di un operaio, anche questa volta dipendente di una ditta esterna”.
Federico Gandolfi, responsabile per la Sardegna dell’Italia dei Diritti, commenta con queste parole la decisione del pm, Emanuele Secci, di condannare a tot anni di reclusione i cinque imputati al processo per la morte di tre operai nella raffineria di Sarroch, il 26 maggio del 2009. Due anni e 8 mesi per Dario Scafardi, direttore della raffineria, e per Antioco Mario Gregu, direttore delle operazioni industriali. Due anni e 4 mesi, invece, per Guido Grosso, responsabile dello stabilimento e due anni e 2 mesi per Antonello Atzori, responsabile dell'area dove morirono i tre operai. Un anno per il legale rappresentante della Comesa, Francesco Ledda, la ditta di cui erano dipendenti le vittime. Prevista una multa di 800 mila euro per la Saras.
“Finalmente in base alla nuova legge sulla responsabilità amministrativa – ha aggiunto l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro – anche i vertici delle imprese coinvolte sono stati chiamati in causa, con capi d'imputazione e richieste di condanna pesanti, a rispondere delle morti in fabbrica. È giusto che finalmente paghino se, come ipotizzato, la sicurezza sul lavoro non fosse stata la priorità assoluta. Speriamo ora che giustizia sia fatta nel più breve tempo possibile e che il processo, come i risarcimenti, riesca a salvarsi da qualche ennesima invenzione legislativa della maggioranza di governo”.
Il responsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti: “Concutelli potrebbe dimostrare di essere realmente una persona libera, qualora parlasse di quegli elementi che mancano per ricostruire la storia di questo Paese, come i rapporti intercorsi tra Ordine Nuovo, la mafia e la P2”
Roma - “La mia piena solidarietà va, in questo momento, alla famiglia del giudice Occorsio”. Questo il commento a freddo di Giuliano Girlando, responsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti, alla notizia della sospensione della pena per gravi condizioni di salute concessa al terrorista nero Pierluigi Concutelli. L’ex leader di Ordine Nuovo, condannato a tre ergastoli per l’assassinio del giudice Vittorio Occorsio e per i delitti in carcere di due neofascisti, dopo aver beneficiato della semilibertà, revocatagli nel 2008 poiché rientrò nel penitenziario di Rebibbia con dell’hashish e un coltello, dal 2009 era agli arresti domiciliari perché colpito da un’ischemia cerebrale.
“Concutelli deve essere inquadrato come un uomo cha ha sfidato le istituzioni italiane - sottolinea con vigore Girlando -, poiché non ha mai raccontato la verità sugli obiettivi e le finalità eversive di Ordine Nuovo, il movimento che lui stesso ha fondato e che ha avuto a che fare con il periodo stragista eversivo di questo Paese. Non mi riferisco esclusivamente al gravissimo delitto Occorsio e all’attacco militare verso la magistratura, ma andrebbero evidenziati i rapporti intercorsi tra l’organizzazione, la mafia e la P2”.
L’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro, infine, si rivolge direttamente al terrorista ricordandogli il coraggio dimostrato da un altro ex militante di Ordine Nuovo: “Concutelli potrebbe dimostrare di essere realmente una persona libera, qualora parlasse di quelle verità che mancano per ricostruire la storia di questo Paese. Quelle stesse verità che furono raccontate dal giornalista Beppe Alfano, ucciso per mano della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto nel ’93. Anche lui faceva parte del movimento di estrema destra, fino a quando decise di uscire dall’organizzazione per denunciarne le collusioni eversive. Concutelli ha l’opportunità di dimostrare un briciolo di umanità, ancor più oggi che è colpito da una grave malattia, e può ovviare, in parte, al fallimento di uno Stato che non ha cercato la verità”.
Il vice responsabile per le politiche sociali dell’Italia dei Diritti: “Ogni azienda deve garantire una percentuale di assunzione dei portatori di handicap”
Milano, – Preferiscono pagare cinquantuno euro di multa piuttosto che assumere disabili, chiedendo che venga alzata a 30 dipendenti la soglia dell’obbligo di assunzione dei portatori di handicap. Così le aziende milanesi, nonostante gli incentivi per chi assume, si fermano alla prima assunzione, pagando poi la sanzione giornaliera per ogni posto lasciato libero, come prescritto dalla legge 68.
“È molto degradante, da parte delle imprese, prendere certe posizioni egoistiche e discriminanti nei confronti delle persone svantaggiate. – commenta Aniello D’Angelo, vice responsabile per le politiche sociali dell’Italia dei Diritti –. Ritengo vergognoso che si trovino questi escamotage perché, per quanto riguarda per esempio la sicurezza, l’azienda deve attrezzarsi e far rispettare le regole. Capisco che ci si voglia tutelare e quant’altro, ma dovrebbe essere legiferato come obbligo che, indipendentemente dal numero di dipendenti, si debba garantire una percentuale di assunzione dei disabili, proprio come nei concorsi pubblici che prevedono i posti riservati”.
Intanto è stato aperto uno sportello unico per diversamente abili, utile per individuare le aziende che trascurano i propri doveri, essenziale per monitorare il numero dei portatori di handicap e aiutarli ad inserirsi nel mondo del lavoro.
“Questa percentuale deve essere rispettata, pena la chiusura delle aziende – conclude l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro –. È l’azienda che deve adeguarsi al portatore di handicap, non il contrario. Perché il disabile si ritrova nella condizione di svantaggio, non se l’è scelta”.
La responsabile per le Attività Produttive e l’Industria dell’Italia dei Diritti: “Il ritardo della confederazione sull’inappropriatezza delle riforme statali è ingiustificabile, dal momento che avrebbe dovuto fare da tramite tra la struttura industriale nazionale e la maggioranza”
Roma - “Dov’è stata Confindustria fino ad oggi? Cosa faceva, mentre il Governo proseguiva nella sua tassazione scellerata all’indotto industriale, con dei provvedimenti che non permettono la tanto attesa crescita? La confederazione avrebbe dovuto iniziare, già da tempo, un dialogo costruttivo col Governo, mettendo in luce gli aspetti più critici del tessuto industriale italiano. Ad esempio, si potevano osservare più nel dettaglio i dati statistici relativi alla delocalizzazione produttiva e discutere in maniera più approfondita sulle sue conseguenze. Perché non è stato fatto?”. Antonella Silipigni, responsabile per le Attività Produttive e l’Industria dell’Italia dei Diritti, commenta con tono polemico l’intervento in Parlamento di Giampaolo Galli, direttore generale di viale dell’Astronomia, il quale ha criticato il Piano nazionale di riforme proposto dalla maggioranza per consentire la ripresa dell’industria nazionale.
“Confindustria - prosegue la Silipigni - avrebbe dovuto comprendere che il sistema Italia non è più quello di quaranta o cinquanta anni fa, ma è diventato malato e si è impoverito nel tempo. Nel nostro Paese non solo non vengono attuate quelle liberalizzazioni che potrebbero dare un po’ di respiro al mercato nazionale, ma le norme governative dimostrano un’enorme inadeguatezza anche in merito al costo del lavoro”.
L’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro non ci sta e conclude il suo intervento così come lo aveva iniziato, attaccando sia la confederazione sia la maggioranza: “Il ritardo di Confindustria sull’inappropriatezza delle riforme statali è ingiustificabile, dal momento che questa organizzazione avrebbe dovuto fare da tramite tra la struttura industriale nazionale e il Governo, affinché a Roma capissero, ad esempio, che una delle difficoltà maggiori delle imprese italiane è la crisi di settore. Questa và al di là della recessione economica mondiale e non è stata mai presa in considerazione dalle forze governative che, facendo finta di nulla, hanno continuato a richiedere alle imprese un esborso di tasse iniquo, antidemocratico e provocatore di una situazione che continua a degenerare. Tutti devono comprendere che il nostro non è più un Paese basato esclusivamente sulle grandi industrie, ma che va avanti soprattutto grazie alle piccole e medie imprese, quelle che sono costantemente dimenticate sia da Confindustria sia dai Governi”.
Il responsabile per le Mafie e la Criminalità organizzata dell’Italia dei Diritti: “In Campania, se non si cambia registro, ci sarà una continua e costante crescita di amministratori e funzionari pubblici che sono e saranno al servizio della Camorra, piuttosto che dei cittadini”
Roma - “Gli arresti effettuati stamane rispecchiano la drammatica, quanto attuale, sovrapposizione di livelli tra la criminalità organizzata e la politica. La risposta delle istituzioni non è ancora sufficiente, dal momento che resta evidente il condizionamento e la pressione di una certa politica per tollerare e consentire alla Camorra, e alle imprese a questa legate, di continuare a fare affari e a regnare nella pubblica amministrazione”. Francesco Barbato, responsabile per le Mafie e la Criminalità organizzata dell’Italia dei Diritti, riflette con amarezza sul decreto di fermo eseguito questa mattina dal nucleo di carabinieri del comando provinciale di Caserta, nei confronti di cinque persone accusate di associazione mafiosa, poiché presunti affiliati e fiancheggiatori del clan casalese Iovine. Le manette sono scattate anche per Vincenzo Corvino, sindaco di Casal di Principe dalla primavera del 1995 alla fine del 1996, anno in cui il consiglio comunale fu sciolto per infiltrazioni camorristiche.
“Tanto per citare un esempio - spiega l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro -, è intollerabile che il prefetto di Napoli, o meglio ancora il ministro dell’Interno, tengano in piedi l’amministrazione comunale di Afragola, guidata dal senatore Nespoli, per il quale ci fu una richiesta di arresti respinta dalla casta parlamentare, e con in seno all’amministrazione stessa ombre che consentono la condivisione di attività tra una certa politica e la Camorra”.
Barbato conclude la sua analisi con un pensiero che ha già esposto in diverse occasioni: “Il nodo da sciogliere è quello politico. Pur facendo i miei complimenti alla magistratura e alle forze dell’ordine per l’ennesimo colpo inferto alla Camorra, non posso non evidenziare che, in Campania, se non si cambia registro, ci sarà una continua e costante crescita di amministratori e funzionari pubblici che sono e saranno al servizio della Camorra, piuttosto che dei cittadini. È sempre più evidente che in Campania la Camorra non è nella politica, ma essa è la politica, anzi una certa politica”.