Il responsabile per la Politica Interna dell’Italia dei Diritti: “La bocciatura sul rendiconto del bilancio 2010 è di una gravità estrema. Con il voto di fiducia richiesto per la nuova approvazione, poi, si dimostra che questa maggioranza non è capace di governare”
Roma – L’attuale esecutivo guidato da Berlusconi è stato ieri battuto alla Camera riguardo all’approvazione dell’assestamento del bilancio 2010. L’articolo 1 del rendiconto necessitava di 291 “SI” ma, con sorpresa dello stesso premier, non è passato per un solo voto. Erano assenti dall’aula i ministri Giulio Tremonti e Umberto Bossi, oltre ad altri deputati di destra e dello stesso Pdl, tra cui Claudio Scajola. Questa sarebbe la prima volta, dall’inizio della storia della repubblica, che il governo viene battuto in aula su un provvedimento del genere. In serata si è svolto un summit tra i rappresentanti della maggioranza per discutere sulla presentazione di un nuovo rendiconto del bilancio sul quale chiedere la fiducia.
Oscar Tortosa, responsabile per la Politica Interna dell’Italia dei Diritti, ha così commentato: “La bocciatura sul rendiconto del bilancio 2010 è di una gravità estrema perché, anche se la maggioranza tende a minimizzare parlando di incidente, si tratta di una materia delicata. Dovremmo rispettare un voto così delicato, in quanto di fronte alla popolazione testimonia l’incapacità di questa gestione governativa. Questa mattina leggevo sul Corriere alcune dichiarazioni della Mussolini la quale, parlando del fatto che Scilipoti ieri non abbia votato afferma che lo prenderebbe a calci e che gli chiederà di restituire quanto ha avuto. Non so cosa intendesse con queste ultime parole, ma l’impressione generale è quella della degenerazione del sistema politico e certo non aiuta la maggioranza.
Dobbiamo porci un problema serio sia come cittadini sia come politici e anche il presidente della Repubblica dovrebbe farlo.
Non diamo una buona immagine né a livello nazionale né internazionale – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – , c’è interesse di parte politica e non volontà di risolvere i problemi degli italiani, soprattutto riguardo al lavoro.
Con il voto di fiducia richiesto per la nuova approvazione del resoconto di bilancio – conclude Tortosa – si dimostra che questa maggioranza non è capace di governare. Auspichiamo un risveglio delle coscienze su questo esecutivo, che ha interessi differenti da quelli del Paese, e che riemerga il rispetto per se stessi e per le istituzioni, cosa che è venuta a mancare”.
Il responsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti: “Noi auspichiamo che ci sia un intervento del CSM a tutela della procura di Napoli e dei tre magistrati coinvolti”
Roma – Ieri il parlamentare del Pdl Alfonso Papa, detenuto nell’ambito dell’inchiesta della P4, ha fatto pervenire ai giornalisti una lettera-denuncia in cui accusa i magistrati di Napoli di avergli fatto pressioni per indurlo ad accusare il premier Silvio Berlusconi in cambio della scarcerazione. Della questione si occuperà la procura di Perugia, ma l’arrivo della missiva ha fatto sì che il ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma disponesse l’invio degli ispettori nella procura partenopea. Giovandomenico Lepore, procuratore capo di Napoli, non esclude una eventuale querela per diffamazione nei confronti di Papa.
Giuliano Girlando, responsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti, ha così commentato l’accaduto: “Diamo piena solidarietà al procuratore capo Lepore e ai pm Francesco Curcio e Hanry J. Woodcock che in queste ore sono sotto un attacco ai danni delle procure.
Si tratta dello stesso metodo utilizzato contro i giudici Clementina Forleo e Luigi De Magistris. Alfonso Papa sta, di fatto, dimostrando la validità delle accuse usando un sistema intimidatorio basato su ricatti e minacce.
Noi auspichiamo – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – che ci sia un intervento del CSM a tutela della procura di Napoli e dei tre procuratori, in modo che possano svolgere le loro inchieste senza essere sotto minacce e intimidazioni criminali”.
La viceresponsabile per il Lavoro e l’Occupazione dell’Italia dei Diritti: “Nella pur condivisibile analisi Svimez, si trascura però un fenomeno sostanziale, la criminalità organizzata”
Roma - Il Paese arretra e il Mezzogiorno ne risente come mai. I dati dell’ultimo rapporto Svimez parlano chiaro, sottolineando come la scarsa natalità, una disoccupazione reale al 25% che causa la massiccia emigrazione verso il Centro-Nord e l'estero, rischiano di trasformare il Mezzogiorno in un'area spopolata, sempre più anziana e dipendente dal resto del Paese: nel 2050 quasi un abitante su cinque avrà più di 75 anni.
“La complessità del documento redatto ogni anno dallo Svimez – osserva Antonella Sassone, viceresponsabile per il Lavoro e l’Occupazione dell’Italia dei Diritti - si propone di fornire uno strumento di valutazione e d’intervento per lo Stato, con l’obiettivo di porre una soluzione alla sempre annosa questione meridionale. Nella pur condivisibile analisi dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, si trascura però un fenomeno sostanziale, la criminalità organizzata. Dalle mafie dei colletti bianchi ai sistemi malavitosi che soffocano l’emergere di economie oneste e che impediscono qualsiasi forma di sviluppo.
Secondo il rapporto, benché nelle regioni meridionali siano presenti meno del 30% degli occupati italiani, si riscontra il 60% delle perdite di lavoro causate dalla crisi.
“Al Sud – seguita l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - non si può parlare di occupazione, di crescita industriale, di trasporti, senza parlare di mafie, che generano business colossali in ogni settore. L’incessante esodo dalle regioni meridionali è una delle conseguenze più rilevanti di questo Sud – sottolinea
La vice responsabile per l’Emilia Romagna dell’Italia dei Diritti: “Per chi ha vissuto da vicino i cambiamenti, in ambito scolastico, ha ben chiaro il quadro di una progressiva involuzione a discapito della didattica e dei servizi in generale”
Bologna – Ivano Dionigi, rettore dell’Alma Mater università di Bologna, lancia l’allarme sui tagli effettuati sul Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) a livello nazionale. In base alle cifre odierne, mancherebbero c.a. trecento milioni di euro e già dal prossimo anno non si riuscirà più a coprire il costo di tutti gli stipendi del personale delle Università. In questo modo, si dovranno tagliare corsi e ricerca, facendo diventate gli atenei degli enti inutili.
Luana Cinti, vice responsabile per l’Emilia Romagna dell’Italia dei Diritti, ha così commentato: “La situazione che il settore della cultura, a livello nazionale, sta vivendo e si appresta a dover sostenere per via della progressiva attuazione della manovra 2011 è tutt'altro che rosea. Per chi ha vissuto da vicino i cambiamenti, in questi ultimi anni in ambito scolastico, ha ben chiaro il quadro di una progressiva involuzione a discapito, necessariamente, della didattica e dei servizi in generale all'interno della struttura in cui si offre la propria professionalità.
Si tratta, ancora una volta, del tentativo di salvare il salvabile rincorrendo quei pochi fondi rimasti e non ancora prosciugati dai deliri del governo che vanno a colpire, come sempre in Italia, i settori portanti di una moderna società civile e sui quali si fonda il nostro futuro, pur di non intaccare gli antichi e sedimentati privilegi. Le contraddizioni non si contano più. Come si può tenere in piedi l'idea di un premio per le Università virtuose se a stento, con i tagli, riusciamo a coprire l'ammontare degli stipendi?
Il discorso di Dionigi riguardo al Fondo Finanziario Ordinario è allarmante – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro –, ma inascoltato perché sconveniente. In fondo la gara è potersi vantare della conferma dei premi nonostante tutto. Poco importa se il buco di bilancio, ancor più affossato dai tagli, andrà a discapito della ricerca e degli strumenti necessari alla didattica, e queste non si possono semplicemente accantonare come un oggetto superfluo o marginale. Senza contare – conclude la Cinti – che a livello di immagine l'Ateneo perderà progressivamente di credibilità, anche perché i retroscena e i risvolti di tali manovre resteranno sconosciuti ai più”.
Il responsabile per la Politica Interna dell’Italia dei Diritti: “Spero che in questi ultimi 15 giorni si manifesti un coinvolgimento spontaneo da parte di partiti, associazioni e cittadini per la raccolta firme, affinché si abbia la possibilità di scegliere chi ci debba rappresentare e fare le riforme necessarie per il Paese”
Roma – Continua la raccolta per le 500mila firme a favore del referendum contro il ‘Porcellum’, l’attuale legge elettorale, che prevede l’elezione dei parlamentari senza l’espressione del voto di preferenza da parte dei cittadini chiamati alle urne. La mobilitazione vede impegnate numerosi partiti politici e movimenti civici, come la stessa Italia dei Diritti Anima del comitato è anche questa volta Mario Segni.
Oscar Tortosa, responsabile per la Politica Interna dell’Italia dei Diritti, ha così commentato: “Riconosciamo che la grossa mobilitazione per la raccolta firme a favore della nuova legge elettorale è stata anche questa volta dall’Italia dei Valori, che in tutto il Paese ha messo insieme la metà delle firme necessarie.
Ho una polemica da fare. In molti quartieri di Roma sono stati allestiti tavoli per la raccolta da parte di varie organizzazioni, dando significativamente la possibilità ai cittadini di firmare, tra cui anche a persone che fanno parte dei partiti di destra. Credo che questa sia una situazione sorprendente. Ma il Pd, che rappresenta la compagine politica più grande rispetto alle altre, non ha assunto a pieno l’impegno proprio come per il referendum sull’acqua, il nucleare e il legittimo impedimento. Così come è successo per gli altri quesiti referendari – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro –, per i quali si era verificata una mobilitazione spontanea dettata dalla voglia di cambiamento, spero che in questi ultimi 15 giorni si manifesti un coinvolgimento spontaneo da parte di partiti, associazioni e cittadini per la raccolta firme, affinché si abbia la possibilità di scegliere chi ci debba rappresentare e fare le riforme necessarie per il Paese”.
Il responsabile per la Politica Interna dell’Italia dei Diritti:“L’egoismo dei politici continua a far mettere le mani nelle tasche dei cittadini”
Roma – La nuova manovra finanziaria prevede il taglio di un miliardo per i servizi sociali gestiti dai Comuni. Il Fondo Nazionale per le Politiche sociali è ai minimi storici mentre il fondo per la non autosufficienza è stato cancellato. Una riforma fiscale ed assistenziale, quindi, che si abbatte pesantemente sulle famiglie e sui disabili. Il risultato, afferma la Federazione Italiana Superamento Handicap (Fish), sarà la diminuzione o sospensione di molti servizi che andranno a incidere su 10milioni di famiglie.
Oscar Tortosa, responsabile per la Politica Interna dell’Italia dei Diritti, ha così commentato: “Ormai i tagli mortificano non solo le amministrazioni comunali e regionali, ma anche molte famiglie. Queste, infatti, già in una condizione di disagio per la presenza di portatori di handicap, dovranno anche sopperire ai tagli ai Comuni per le assistenze.
Mi domando se i nostri governanti non avrebbero fatto meglio a togliere tutti i vitalizi, tra l’altro esentasse, di cui beneficiano loro. Non parlo di indennità, ma di rendite di cui usufruiscono dopo tre anni di mandato elettorale: si tratta di miliardi. Di fronte ai tagli e risparmi ai quali sono chiamati i cittadini, alla mortificazione subita dai portatori di handicap, loro continuano ad avere privilegi. Un segnale dalla politica si sarebbe dovuto dare proprio togliendo queste rendite.
Se il Primo ministro, anche dopo i molteplici scandali, non si dimette – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – non si troveranno mai soluzioni a tutti questi problemi. L’egoismo dei politici continua a far mettere le mani nelle tasche dei cittadini e ci si aspetta ancora di peggio”.
La viceresponsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti: “Avrei preferito una campagna basata sulle anonime donne che si impegnano nello studio, nell'insegnamento, nel lavoro, facendo i salti mortali nell'assoluto silenzio”
Roma – Sugli autobus della Capitale, ma non solo, sono stati affissi dei manifesti pubblicitari, del marchio d’abbigliamento Francomina, che hanno suscitato scalpore e polemiche giacché riportavano slogan femminili altamente provocanti, come ‘faccio la escort, non sono una ragazza facile’.
“Fracomina ha deciso di cavalcare la recente ondata di sdegno femminile – fa notare Licia Palmentieri, viceresponsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti -, contro le pubblicità offensive verso le donne e i recenti scandali del premier, con una strizzata d'occhio alle potenziali acquirenti troppo semplicistica. Bene l'idea di fondo di andare contro alcuni stereotipi, ma c'è stato l'errore di presentare, ad esempio, il ruolo di escort come una sorta di professione da ufficializzare.
Noi pensiamo – continua
Una semplice e spicciola trovata pubblicitaria, secondo l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro, che sarebbe stata sicuramente più efficace e convincente se avesse trattato altre sfumature dell’universo femminile: “L'intento di Fracomina si infrange miseramente proprio incontrando i soliti stereotipi, i miseri ruoli ai quali attualmente si cerca persino di indirizzare le donne spontaneamente. Intanto l'azienda ha raggiunto lo scopo: far parlare di sé, ottenere l'attenzione mediatica. Avrei preferito di gran lunga una campagna pubblicitaria basata su donne del quotidiano, le anonime donne che si impegnano nello studio, nell'insegnamento, nella ricerca, nel lavoro impiegatizio, facendo i salti mortali nell'assoluto silenzio mentre tentano di far quadrare il bilancio familiare e di conciliare i tempi di famiglia e lavoro senza alcuna assistenza dalle istituzioni. Magari - conclude
Antonello De Pierro, presidente del movimento ha reso nota la nuova linea, precisando che potrebbero esserci eccezioni solo in caso di consultazioni amministrative comunali qualora non ci fossero i margini per un accordo
Roma – Il momento dell’ascesa politica per l’Italia dei Diritti, movimento volto alla tutela e alla difesa dei diritti dei cittadini, è arrivato. Alle prossime elezioni saranno candidati numerosi membri dell’IDD, che manterrà l’identità di movimento extraparlamentare, fuorché per
le elezioni amministrative comunali, qualora non sussista un’armonica collaborazione con le liste di partito nelle quali i rappresentanti dovrebbero figurare, caso in cui il movimento presenterà liste autonome.
Queste le parole di Antonello De Pierro, presidente del movimento: “Di fronte a quanto stiamo assistendo nel panorama politico attuale, credo che sia giunto il momento di prendere la decisione netta di partecipare attivamente alle vicende politiche del nostro Paese da un punto di vista istituzionale, e non solo come denuncia extraparlamentare. Tale scelta – spiega De Pierro – scaturisce dalla necessità di dare delle risposte concrete a quanti si rivolgono a noi chiedendo di impegnarci più a fondo per cercare di cambiare questo stato di cose. Le nostre peculiarità genetiche ci impongono ciò nell’interesse supremo della cosa pubblica e dei cittadini letteralmente vessati e mortificati nei loro diritti da parte di una gestione politica che tutela più le logiche degli interessi partitici che la naturale espressione del bene per la collettività. Stiamo assistendo ad un’opera demolitrice da parte di un manipolo di politicanti che guida il Paese con la complicità di un’opposizione vacanziera che fa finta di contrastare gli scempi messi in atto, ma di fatto fa prevalere la politica dell’inciucio. Naturalmente, con le dovute eccezioni di pochi coraggiosi che cercano in tutti i modi di contrastare questi barbari comportamenti; ed è proprio a questi ultimi che ci appelliamo per candidare agli scranni istituzionali gli elementi migliori del nostro movimento”.
La nuova linea d’intervento intrapresa dall’Italia dei Diritti è stata deliberata dai vertici del movimento, in seguito ad un’attenta analisi.
“Di fronte ad una classe politica che sta demolendo lo stato sociale e lo stato di diritto – seguita il leader del movimento -, che imbavaglia l’informazione e di fronte al fallimento totale della ‘nave Italia’ cerca di salvaguardare i propri interessi e soprattutto s’adopera per sottrarre il Premier all’infinità di vicende giudiziarie in cui è coinvolto, non possiamo più restare a guardare impassibili o denunciare senza gli strumenti istituzionali necessari per opporsi politicamente. Quindi, la nostra linea è stata tracciata con decisione. Ci candideremo alle consultazioni elettorali, ma mai come entità autonoma, chiedendo ospitalità per i nostri membri nelle liste dei partiti che riteniamo vicini alla nostra sfera ideale. Occorre però precisare fin d’ora una cosa – sottolinea De Pierro -: ai nostri sostenitori, che da diverso tempo ormai ci chiedono questa svolta, non chiederemo di votare per il partito che ci ospita in lista, bensì per il nostro candidato che proporremo come rappresentante indipendente del nostro movimento. Chiaramente, laddove non sussisteranno i margini per un accordo di questo tipo presenteremo liste indipendenti, ma solo limitatamente a consultazioni amministrative di tipo comunale”.
Il viceresponsabile per
Roma – A Livorno un giudice del lavoro ha sollevato con un’ordinanza la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 71 della legge 133/2008, la cosiddetta legge Brunetta, che prevede una decurtazione dello stipendio per i primi dieci giorni di malattia per i dipendenti pubblici.
“E’ una questione molto spinosa – osserva Andrea Guazzi, viceresponsabile per
La norma, secondo il giudice, sarebbe incostituzionale in ragione degli articoli 3,32,36 e 38 della Costituzione. Nell’ordinanza viene sottolineato che si creerebbe di fatto un abbassamento della tutela della salute del lavoratore, che spinto dalle necessità economiche, viene di fatto indotto a lavorare aggravando il proprio stato di malattia.
“Come sempre – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – si cerca di risolvere problemi reali in maniera grossolana. Se da un lato sussiste l’illegittimità della norma, dall’altro non è ancora saltato fuori qualcuno che si assumesse la responsabilità di fare in modo che venisse distinto chi è veramente malato dai fannulloni”.
Il viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti : “Se
Roma – Le lettere di licenziamento arrivate a 257 operatori del San Raffaele di Velletri hanno scatenato sgomento e disperazione per centinaia di famiglie. Una catastrofe occupazionale annunciata da tempo, ma alla quale si sperava che le istituzioni territoriali avrebbero posto rimedio.
Rabbia e sgomento traspaiono dalle parole di Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti: “Ci schieriamo con decisione e fermezza al fianco dei lavoratori dell’ospedale laziale, i quali tra l’altro operano lodevolmente da anni in condizioni sfavorevoli. Occorre ricordare infatti che quello di Velletri, al centro di numerose inchieste, è solo un frammento dell’organizzazione ospedaliera nazionale del San Raffaele, che avrebbe dovuto evitare tutto questo. La cosa più grave è che si chiude la clinica in questione e non si fornisce ai lavoratori una reale alternativa. Per alcuni è previsto il trasferimento a Cassino, che dista oltre duecento chilometri da Velletri, altri saranno assorbiti dalle varie strutture del San Raffaele in giro per la regione”.
In mattinata, alcuni dipendenti si sono incatenati al cancello della clinica, protestando contro le centinaia di licenziamenti in corso e richiedendo un’incontro con le autorità politiche ed amministrative responsabili.
“Da tenere in considerazione – osserva l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - che gli operatori del San Raffaele di Velletri percorrono già quotidianamente almeno 30/40 chilometri per raggiungere il posto di lavoro, visto che il sito non è raggiunto dal trasporto pubblico locale. Figuriamoci se verranno trasferiti a Cassino, non dimenticando che si parla di OSS con contratti struggenti, costretti a trasferimenti forzati poiché senza scelta.
Il presidente dell’Italia dei Diritti: “Non solo ha difeso l’indifendibile, ma lo ha fatto pronunciando parole indubbiamente non consone al ruolo da lui rivestito”
Roma – ‘Nei pressi del noto liceo Tacito di Roma si trova la grattachecca di Sora Maria, molto nota tra i giovani romani. Sapresti indicare quali sono i gusti tipici serviti? Menta, limone, amarena oppure cioccolato?’, questa è la domanda inserita nel quiz universitario per l’accesso al corso di laurea di “Professioni sanitarie” dell’Università “
L’Italia dei Diritti torna ad esprimersi sull’accaduto, attraverso Antonello De Pierro, presidente del movimento, condannando con forza quanto successo: “Consideriamo assolutamente umiliante per gli aspiranti studenti quanto accaduto con l’inserimento dell’oramai noto quiz sulla ‘grattachecca’ della Sora Maria nei test di ammissione al CdL in “Professioni sanitarie”. Sia per un’offesa alla dignità personale dei giovani che si avvicinano verso il mondo del lavoro con rande incertezza, sia per il tessuto culturale che si sta avviando verso un degrado senza precedenti a causa di tanti fattori contingenti, ad iniziare dagli sciagurati provvedimenti di questo governo. Noi dell’Italia dei Diritti non ci stiamo. Dopo l’Italia del bunga bunga non vogliamo essere ridicolizzati dal mondo come l’Italia della “grattachecca”. La nostra solidarietà verso questi studenti è piena e vogliamo dire che siamo assolutamente dalla loro parte e a disposizione per intraprendere qualsiasi lotta civile per la difesa del diritto allo studio conforme a quella che dovrebbe essere la formazione per la loro professione futura.
Il leader del movimento che opera a tutela e a difesa dei diritti dei cittadini, pone l’accento sulle inammissibili dichiarazioni del rettore dell’ateneo romano, reclamandone le dimissioni: “Alla luce dei fatti, non accettiamo quanto dichiarato dal rettore Luigi Frati, di cui chiediamo a gran voce le immediate dimissioni – dichiara De Pierro -, certi di interpretare il pensiero della stragrande maggioranza degli studenti che popolano le aule della Sapienza. Anche perché non solo ha difeso l’indifendibile, ma lo ha fatto pronunciando parole indubbiamente non consone al ruolo da lui rivestito, che dovrebbe essere emblema e imprescindibile punto di riferimento per chi si avvicina alla vita d’ateneo nell’ottica di una crescita educativa, formativa e culturale”.
“Inoltre sarebbe auspicabile - conclude De Pierro - individuare chi si è permesso di formulare una domanda così demenziale e rimuoverlo immediatamente dal posto di lavoro che occupa inducendolo a intraprendere ex novo la trafila per accedere al mondo del lavoro, con l’augurio che qualche suo simile si diverta a elaborare una sfilza di quiz legati alla tradizione culinaria capitolina”.