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Carenza di personale e posti letto al San Camillo, la proposta di Caporale

Il responsabile per la Sanità dell’Italia dei Diritti: “Necessaria la mediazione tra Roma e le province per un’opportuna redistribuzione della risorse a disposizione della rete ospedaliera”

 

Roma – “Prendo atto delle richieste avanzate dai primari dell’ospedale San Camillo di Roma, ma sono convinto che per disporre di un servizio sanitario efficiente, è necessario operare sulla redistribuzione degli organici e dei posti letto,  tagliando opportunamente dove si è in esubero”.  Il responsabile per la Sanità dell’Italia dei Diritti, Manlio Caporale, risponde con queste parole all’allarme lanciato in questi giorni da sette primari dell’azienda ospedaliera romana autori di una lettera indirizzata al direttore generale Luigi Macchitella, alla governatrice Renata Polverini e al sub commissario alla Sanità per la Regione Mario Morlacco, nella quale viene denunciata la grave situazione di collasso della struttura. Il documento in questione mette in evidenza la mancanza di infermieri e di anestesisti e la drastica riduzione dei posti letto nelle Unità operative di Neurochirurgia, Neurologia, Neurorianimazione e Neuroradiologia, con conseguenti difficoltà nel rispondere alla crescente affluenza dei ricoveri e codici rossi.

L’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro si dice pienamente comprensivo degli ingenti problemi che attanagliano le strutture pubbliche, ma ritiene opportuna un’analisi oggettiva della situazione sanitaria: “Nell’organizzazione della rete ospedaliera a livello nazionale sono previsti 4 posti letto per acuti (pazienti in regime ordinario e day hospital) ogni 1000 abitati. Nei termini, Roma è indubbiamente in sovrabbondanza nel numero di posti letti attribuiti, mentre le province al contrario, ne sono carenti. I cittadini delle periferia sono costretti a recarsi nella Capitale per fare una ecografia e non con pochi disagi. Lo stesso vale per il personale organico preposto, in esubero a Roma e scarso in provincia. L’ipotesi più auspicabile – conclude Caporale – sarebbe quella di una mediazione tra Roma e le altre province laziali,  indubbiamente dolorosa a causa dei tagli da fare, ma in grado di assicurare, attraverso la promozione di un tavolo comune d’incontro con tutte le professionalità del Lazio, una più adeguata redistribuzione. Così facendo, a mio avviso, le grandi aziende verrebbero sollevate da un eccessivo carico di lavoro mentre quelle piccole in periferia, opererebbero finalmente a pieno regime”.

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