La viceresponsabile regionale dell’Italia dei Diritti: “Vi sono diversi fattori che andrebbero rivisti sia nel sistema fiscale sia nel sistema del lavoro”
Roma - “Innanzitutto mi complimento con lo straordinario lavoro svolto dalla Guardia di Finanza che ha portato a galla questa gravissima situazione. Entrando nel merito dei dati risultanti dalle indagini, credo che andrebbe riorganizzato, a livello nazionale, sia il sistema fiscale sia il sistema del lavoro”. Così commenta Anna Nieddu, viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti, il bilancio del 2010 della Gdf regionale da cui risulta un incremento degli evasori totali dell’11%, con più di 7 miliardi di euro sottratti a regolare tassazione.
“Per quanto concerne i dati relativi all’evasione fiscale internazionale - sostiene l’esponente regionale del movimento guidato da Antonello De Pierro -, il problema è che i provvedimenti presi per favorire il rientro di capitali dall’estero non hanno funzionato come avrebbero dovuto. Per il resto, ritengo che la disonestà sia un male incurabile del nostro Paese. Tuttavia, probabilmente, i professionisti, ma soprattutto gli imprenditori italiani, hanno una sorta di scusante se si considera che, sotto l’aspetto della tassazione, l’Italia è un Paese iniquo, con una fiscalità pesante e poco funzionale alle esigenze delle aziende. Dunque, esiste un insieme di fattori che andrebbero rivisti in un sistema fiscale che dovrebbe favorire maggiormente le imprese, evidentemente in maniera corretta e non facendo sconti a chi ha portato i propri capitali fuori dai confini nazionali”.
Infine, la Nieddu si sofferma sulla piaga del lavoro irregolare che si conferma nel territorio laziale: “La realtà di questo problema è molto più grave di quella che viene denunciata o che può risultare dalle indagini della Guardia di Finanza. In quest’ambito, bisognerebbe concentrarsi sulla riorganizzazione del sistema del lavoro in cui dovrebbero aumentare i controlli, al fine di evitare che si verifichino tali situazioni. Inoltre, va considerato che ci sono delle forme di lavoro legali che portano il dipendente a guadagnare talmente poco che lui stesso preferisce lavorare in nero”.