La viceresponsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti: “Dopo più di un episodio, l’abuso di potere non è più soltanto un’ipotesi”
Roma, 2 novembre 2010 – Dopo i casi di Stefano Cucchi e Simone La Penna, il carcere romano di Regina Coeli torna a far parlare di sé con tre decessi sospetti, riconducibili a detenuti annoverati nella cosiddetta lista degli invisibili: carcerati stranieri la cui scomparsa è certificata da una sommaria ricostruzione dei fatti. Nel lungo elenco si ritrovano diversi nominativi come quelli di Marko Hadzovic, Paolo Iovanovic, Mija Diordevic, cittadini dell’ex Jugoslavia aventi delle storie destinate ad alimentare le ombre sul nostro sistema carcerario. I sospetti nascono dalla facilità con cui si preferisce ricorrere all’archiviazione piuttosto che a un’indagine volta ad accertare le responsabilità di chi, in virtù del proprio ruolo, dovrebbe vigilare e garantire la sicurezza nelle carceri.
A tal proposito Manuela Bellantuoni, viceresponsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti, osserva come “anzitutto è un bene che si stia facendo luce su questi casi, soprattutto grazie ad alcuni esponenti del nostro parlamento. Dopo più di un episodio, l’abuso di potere non è più soltanto un’ipotesi ma inizia ad essere una conferma delle responsabilità di coloro che lavorano negli istituti penitenziari e dovrebbero essere custodi, non carnefici, dei detenuti. Un sistema omertoso – conclude l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – potrebbe coprire le colpe di chi vigila sull’integrità fisica e morale dei reclusi, come accaduto nel caso di Stefano Cucchi, che solo dopo una serie di indagini mediche si è arrivati a scoprire essere stato oggetto di maltrattamenti senza note motivazioni”.