La responsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti: “Sono diversi i paesi in cui il rispetto delle donne non viene al primo posto, è doveroso un intervento più incisivo e immediato da parte dell’Onu e di tutta la società civile”
Roma – A nulla sono valsi gli appelli provenienti dal mondo occidentale e dall’Italia: Sakineh Mohammadi Ashtani, la donna iraniana accusata di adulterio e di complicità nell’omicidio del marito sarà giustiziata con impiccagione. Ad annunciarlo il procuratore generale dell’Iran, Gholam-Hossein Mohseni-Ejei, il quale afferma che la donna è stata condannata per il secondo dei due capi d’imputazione e pertanto la morte non avverrà più per lapidazione, punizione prevista dalla legge islamica.
Immediata la reazione della responsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti, Patrizia Lusi: “La condanna a morte di Sakineh è solo l'emblema di un sistema giudiziario, quello iraniano, che parte da una discriminazione di fondo tra i generi. La comunità internazionale non può rimanere impassibile di fronte a processi sommari celebrati contro le persone di sesso femminile per le quali sono individuati dei reati specifici diversi da quelli attribuiti a quelle di sesso maschile. L'intervento della comunità internazionale deve essere rivolto nei confronti di tutti i paesi che applicano ancora la pena di morte e lo stesso presidente degli Stati Uniti d'America, che è stato insignito del premio Nobel della Pace, dovrebbe intervenire con forza per evitare tale violenza ai diritti umani”.
L’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro continua nel suo ragionamento e afferma: “La palese discriminazione che in Iran colpisce le donne, e le vede protagoniste di pene simbolicamente disumane, spinge tutto il mondo occidentale a chiedere a questo Stato e al suo presidente di iniziare un serio processo di rigenerazione culturale. Ma questo non vale solo per l’Iran. È di questi ultimi giorni infatti, un video girato da un cellulare e diffuso in tutto il mondo, che riprende l'esecuzione di una sentenza di condanna a morte per lapidazione nei confronti di una donna pakistana accusata di aver semplicemente ‘parlato’ con un uomo. Sono diversi i paesi in cui il rispetto delle donne non viene al primo posto – conclude la Lusi –, è doveroso un intervento più incisivo e immediato da parte dell’Onu e di tutta la società civile alla quale apparteniamo”.