Il viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti:”Siamo di fronte ad una vicenda grave che ancora una volta evidenzia un preoccupante malcostume italiano. C’è bisogno di leggi più severe e pene più lunghe”
Roma – A seguito di un’operazione antiriciclaggio condotta dalla polizia di Stato sono finite in manette 11 persone tra cui due noti professionisti, un avvocato, un commercialista ma anche esponenti di spicco della Banda della Magliana come l’ex cassiere Enrico Nicoletti. A tenere le fila di tutto, secondo la ricostruzione operata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ci sarebbe Francesco Mario Dimino, proprietario del ristorante romano “I sapori di Sicilia”. “Se non fosse per la gravità del fatto e per la sua estensione – ha detto Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti – ci sarebbe da ridere, un po’ come nel film di Totò in cui si cercava di vendere al malcapitato di turno la Fontana di Trevi. Purtroppo siamo di fronte ad una vicenda che mette ancora una volta in evidenza un forte malcostume italiano legato a truffe e raggiri di cui sembra che non riusciamo proprio a fare ameno. Ritengo poi inquietante che una figura come Enrico Nicoletti sia coinvolta nell’accaduto. Parliamo di un personaggio che dovrebbe ricevere dalle forze dell’ordine più di un’attenzione e che invece non si capisce per quale ragione continua a portare avanti i suoi interessi malavitosi ”.
Le truffe messe in piedi dalla banda riguardavano principalmente vendite immobiliari che venivano orchestrate alla perfezione attraverso fantomatiche aste giudiziarie che permettevano ai malavitosi di estorcere agli acquirenti ingenti somme di denaro. Tra gli immobili proposti figurano tra gli altri la villa dell’ex calciatore della Roma Cafu, quella dell’ex presidente della Lazio Sergio Cragnotti e perfino il palazzo della questura in via san Vitale. Vittime dei raggiri sono stati medici, imprenditori, impiegati, personaggi del mondo dello spettacolo, e addirittura persone appartenenti alle forze di polizia. “Fatti come questo – ha proseguito l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – che vedono coinvolti insieme criminali e liberi professionisti, minano le basi della società civile, colpendo al cuore i cittadini onesti che lavorano e che rispettano le leggi. Certi reati andrebbero puniti con maggiore severità a mio giudizio, e in questo senso i codici andrebbero riformati consentendo pene certe e più durature. Se non riusciremo a fare questo non saremo mai in grado di eliminare i germi del malaffare dalla società italiana”.