Parla il viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti:«Sono pratiche come queste che rischiano di trasformare questo paese in una fogna maleodorante, un acquitrino melmoso»
Roma – Certe volte le misure contano, nei rapporti. Anche quando i rapporti sono quelli della Procura, e portano all’arresto per tangenti di Luciano Mingiacchi, 67 anni, ex (da poco) direttore generale dell’Asl Roma-H, ex (da un po’ di più) commissario straordinario per la stessa Asl, ex (a metà degli anni ’70) sindaco di Anzio, stessa zona. Cinquemila euro al mese per cinque anni in cambio di una commessa per servizi informatici della stessa durata, commessa – per inciso – da mezzo milione di euro all’anno.
«È un triste, tragico esempio di nuova mafia da colletti bianchi – tuona Carmine Celardo, vice responsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti – che reca gravissimo danno alla Pubblica Amministrazione, distrugge la fiducia dei cittadini e annulla qualunque tentativo di libera concorrenza».
In carcere, già dallo scorso luglio, anche la complice di Mingiacchi, Patrizia Sanna, all’epoca dirigente dei servizi informatici della Asl, che avrebbe fatto da tramite tra il direttore e la società beneficiaria dell’appalto, la Isa spa. Sotto la lente di ingrandimento della Procura anche una consulenza che la società di servizi informatici corrispondeva al nipote di Mingiacchi.
Ed è quando si arriva al dunque che le dimensioni contano di più. Perché esistono soglie che cambiano la natura delle cose. I conti della serva dicono che 5mila euro al mese per 12 mesi fanno una tangente del 12% dell’ammontare complessivo dell’appalto. A cui va aggiunto quanto percepito dalla (o dai) complici. «È ipotizzabile che si tratti di una fetta del 20, 25% - rilancia l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro – ed è importante. Perché a questi livelli non si parla più di tangenti. A questi livelli si parla di estorsione vera e propria. Si parla di usura, anche nel caso in cui la società coinvolta sia, per così dire, consenziente». Non solo. «Il codice italiano parla chiaro – ribadisce Celardo – quando più di due persone sono coinvolte in associazione di reato per lo stesso capo di imputazione, scatta l’associazione a delinquere. E come tale chiediamo con forza che sia perseguita dalla Procura della Repubblica, a costo di impegnare la piazza. Chiediamo una punizione esemplare, applicata con mano ferma».
Ancora numeri. Il danno stimabile per la Asl coinvolta è di 125mila euro l’anno. Cioè oltre 600mila euro – stimando per difetto – complessivi. «Sono proprio tanti. E sono stati rubati tutti ai cittadini di Anzio, Nettuno, dei Castelli. Agli anziani. Ai bambini. Abbiamo superato ogni limite di decenza – esplode Celardo – parliamo di un personaggio che, se ne fosse provata la colpevolezza, avrebbe tradito almeno 2 volte il giuramento di fedeltà allo Stato, come commissario prima e come direttore poi. A fronte di queste cose serve un movimento di forte indignazione, di rivolta. Serve una nuova Mani Pulite».