Il responsabile per la provincia di Pavia dell’Italia dei Diritti: “Si è voluto creare solo un business artificiale intorno ai ticket a favore delle aziende”
Milano – A Pavia i commercianti hanno deciso di non accettare più i buoni pasto per i pagamenti, in quanto esasperati dai lunghissimi tempi d’attesa per incassarli e dalle commissioni sempre più alte. Infatti, per poter ammortizzare i costi è necessario accumulare almeno 1500 euro in buoni e poi l’attesa di almeno tre mesi per poterli incassare.
In questo modo ristoratori e baristi rischiano la crisi delle loro attività a causa della lentezza burocratica e di un sistema che tutela solo chi emette i ticket.
Andrea Guazzi, responsabile per la provincia di Pavia dell’Italia dei Diritti, ha così commentato la situazione: “Secondo la mia opinione si è voluto creare un business artificiale intorno ai ticket.
I datori di lavoro avrebbero potuto pagare i pasti all’interno dell’orario lavorativo ai propri dipendenti, ma si son inventati il sistema dei ticket per evitare che i lavoratori incassassero quei soldi senza poi effettivamente spenderli. Con i buoni pasto di fatto, sono costretti ad utilizzarli e l’unico risultato è questo business artificiale di produzione giuridica.
In alternativa, il comune di Pavia – prosegue l’esponente del movimento dell’Italia dei Diritti presieduto da Antonello De Pierro – potrebbe creare dei ticket senza commissioni o trattenute e con formule convenienti in accordo con i gestori. In questo modo si bypasserebbero le aziende che s’ingrassano con i ticket non incassati e con commissioni strozzinanti.
I commercianti hanno ragione a non voler più accettare i buoni pasto perché i tempi di rimborso sono lunghi e i pagamenti tardivi, in più pagano alte commissioni. Nemmeno ai lavoratori conviene più, solo alle aziende.
Si potrebbe pensare - conclude Guazzi - a strumenti sostitutivi come, per esempio, a tessere aziendali elettroniche dove accreditare i ticket, basta solo avere la volontà di farlo”.