Il viceresponsabile meneghino dell’Italia dei Diritti: “Non è un novità che il Pdl sia un partito personalistico che si concentra sulla figura del suo leader. In questo caso, però, ritengo inutile la sua candidatura”
Milano - “La candidatura degli esponenti di spicco di un partito nelle diverse tipologie di elezioni è una pratica abusata in Italia. Tuttavia, nel caso delle prossime comunali di Milano, la candidatura di Silvio Berlusconi sarebbe comprensibile se si pensasse alla carica di sindaco e non se si pone lo stesso come capolista, dal momento che il premier rinunzierebbe comunque all’eventuale designazione”. Così Luca Ragone, viceresponsabile per Milano dell’Italia dei Diritti, si pronuncia in merito all’appello che il Popolo della libertà ha rivolto al capo di Governo, guardando con preoccupazione al voto del 15 maggio.
La guerra che si prospetta nel centrodestra è sulle preferenze, dove i berlusconiani temono gli esponenti di Comunione e Liberazione e delle altre liste civiche che sostengono il sindaco Letizia Moratti: “Non è un novità - continua Ragone -, che il Pdl sia un partito personalistico che si concentra, principalmente, sulla figura del suo leader. In questo caso, però, ritengo che abbia più senso candidare altri militanti che hanno già lavorato e lavorano tuttora nel gruppo”.
Il clima presente nel centrodestra milanese è tutt’altro che tranquillo, tant’è che anche ieri in Consiglio comunale è mancato il numero legale dei componenti: “È evidente - conclude la sua analisi l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro - che il Pdl ha paura di Cl e delle altre correnti interne, considerando, soprattutto, che i pidiellini vorrebbero uniformare il pensiero generale, tenendo presente le linee guida del partito nazionale”.