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La mala gestione dei beni confiscati alla mafia suscita le critiche di Soldà

Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Gli organi competenti devono operare con la massima sollecitudine affinché tutti gli averi di provenienza criminale vengano messi a disposizione della società civile”


Roma, 1 dicembre 2009 - “Se non si opera una riforma della giustizia che sia effettivamente concreta ed efficiente non c’è poi da meravigliarsi di fronte a queste notizie. Urgono trasparenza e misure funzionali al ripristino di una corretta gestione della cosa pubblica”. Lo ha detto Roberto Soldà, vicepresidente dell’Italia dei Diritti, aggiungendo che “nonostante le forze dell’ordine facciano un ottimo lavoro nell’arrestare i boss mafiosi e confiscare i loro illeciti possedimenti, poi queste proprietà restano ferme e inutilizzate per motivi francamente inspiegabili”. Le dichiarazioni si riferiscono alla relazione stilata dal commissario straordinario per la gestione e la destinazione dei beni confiscati, il magistrato Antonio Maruccia, da cui emerge come circa il 75% del patrimonio sottratto a “Cosa nostra” resta congelato per anni nelle mani dell’Agenzia del Demanio a causa di cavilli legali, lentezze burocratiche, procedimenti giudiziari intentati dagli stessi proprietari mafiosi o vicini alla criminalità organizzata. Tutto ciò a danno delle casse della collettività, considerati anche i milioni di euro necessari per convertire terreni, immobili e aziende mafiose in attività legali al servizio del bene pubblico.

 

“Gli organi competenti devono operare con la massima sollecitudine affinché tutti gli averi di provenienza criminale vengano messi, in breve tempo, a disposizione della società civile, dell’associazionismo e di qualsiasi onesto imprenditore che ne sappia fare buon uso”, afferma, infine, il vicepresidente del movimento nato per iniziativa di Antonello De Pierro.

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