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Clinica clandestina per aborti a Rovigo, per Zagbla frutto della Bossi-Fini

Il responsabile per il Veneto dell’Italia dei Diritti: “Chi era regolare e ha perso il lavoro per il fallimento delle aziende diventa clandestino. Questo incentiva il ricorso a strutture sanitarie improvvisate”

 

Venezia – E’ stata denunciata per esercizio abusivo della professione medica, procurato aborto e ricettazione Defei Hu, la donna cinese che praticava interventi clandestini – per la maggior parte interruzioni di gravidanza – in un appartamento del centro di Rovigo adibito ad ambulatorio. L'indagine, partita dal ritrovamento di un volantino durante il controllo di laboratori e attività commerciali gestiti da extracomunitari, ha visto la collaborazione di una cittadina cinese, che si è finta una potenziale paziente della clinica e ha fissato un appuntamento. Disposta la perquisizione, gli uomini della polizia hanno colto sul fatto la gestrice della struttura abusiva mentre visitava tre connazionali, di cui un bambino, su un tavolino adibito a lettino medico.

“Di fronte all’ennesima scoperta di cliniche clandestine non posso non notare come tutto ciò sia frutto di una legge dello Stato”, ha commentato Emmanuel Zagbla, responsabile per il Veneto dell’Italia dei Diritti. “La Bossi-Fini – spiega il rappresentante del movimento presieduto da Antonello De Pierro – ha creato una situazione per cui anche gli stranieri regolari, nel momento in cui si trovano a perdere il lavoro, diventano come per magia clandestini. Questo genera l’impossibilità di recarsi in un ospedale pubblico, dal momento che si potrebbe venire denunciati, e di conseguenza il ricorso a strutture incontrollate e incontrollabili per trovare assistenza sanitaria, a rischio della propria salute. Per ovviare a queste problematiche – continua Zagbla – bisogna quantoprima attuare una revisione totale del sistema del permesso di soggiorno adeguandolo al clima di instabilità lavorativa di questo periodo di crisi. E’ impensabile – conclude – che chi perde il lavoro diventi un clandestino al fallimento dell’impresa per cui ha prestato la propria opera magari per anni”.

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