La viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti.«Su un tema del genere non si possono sostenere visioni ideologiche. Occorre un sereno sostegno alla libertà di scelta delle donne»
Roma – Lo diceva già Archimede, quello vero, in un tempo in cui le questioni di attualità e di legge erano a dir poco diverse da quelle attuali:«Datemi una leva e solleverò il mondo». La leva è la proposta di legge Tarzia – prima firmataria Olimpia Tarzia, consigliere Pdl, tra i fondatori del Movimento per la vita – per riformare la disciplina dei consultori in Italia. La proposta prevede l’equiparazione delle strutture private – quelle di associazioni familiari o che fanno capo a diocesi – alle strutture pubbliche, con annessa partecipazione alla distribuzione di fondi pubblici. È previsto anche un assegno di sostegno alle donne che scelgano di non interrompere la gravidanza, e abbiano un reddito inferiore o pari alla soglia di povertà.
Il mondo da sollevare è la legge 194, che in Italia regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza.
«La 194 non si tocca – dice Anna Nieddu, vice responsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti – anche se bisogna smetterla di erigere barricate ideologiche. Al centro deve esserci la tutela della libertà di scelta delle donne, il rispetto di una volontà da supportare in ogni caso. La donna deve essere sostenuta, qualunque sia la decisione che prende».
Come spostare la lente, l’attenzione, dal risultato al processo che l’ha determinato. «Non esiste libertà che sia a senso unico. Una donna vive profondamente dentro di sé la gravidanza. Può avere motivi psicologici, economici, ambientali a condizionare le sue scelte – ribadisce l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro – è giusto procedere caso per caso. Su questo come su temi che coinvolgono così profondamente la persona occorre procedere col massimo della sensibilità, a prescindere dalle idee politiche».
Circa 50 diverse associazioni – riunite nel coordinamento dell'«Assemblea permanente delle donne» esprimono tra le altre cose forte preoccupazione per il destino economico dei consultori pubblici, già in crisi. «È giusto sostenere sempre e comunque il settore pubblico – rincara la dose la Nieddu – è anzi il caso che il settore privato intervenga in difesa di quelle parti del pubblico effettivamente in crisi e carenti di risorse, come la Sanità, se ce né il bisogno. Non può mai essere il contrario. I consultori pubblici versano già in una situazione di grave difficoltà, mancano risorse e personale. Non si può aggravarne la situazione».