Il vicepresidente dell’Italia dei Diritti: “Il ceto medio è al collasso, pensiamo seriamente ai figli di questa classe sociale che, già precari, pagheranno il prezzo più alto della crisi”
“Con la crisi si sono evidenziate tutte le problematiche e le differenze territoriali: le grandi città, che vivono di settore terziario e di pubblica amministrazione, si sono impoverite maggiormente anche a causa del più elevato costo della vita”. Questo il primo amaro commento del vicepresidente dell’Italia dei Diritti, Roberto Soldà, in seguito all’inchiesta del quotidiano ‘La Repubblica’ che, facendo riferimento agli studi di vari economisti, evidenzia come ci sia una stretta relazione tra economia malata e aumento della diseguaglianza sociale. La disparità territoriale a cui fa riferimento l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro, non è solamente in rapporto alle altre nazioni ma anche molto marcata all’interno del nostro paese che vede il Friuli Venezia-Giulia in testa tra le regioni con più benessere e maggiore eguaglianza sociale, mentre al Lazio spetta il triste primato della zona più diseguale d’Italia. “E’ ovvio – spiega Soldà – che in aree dove la fonte di reddito principale non è costituita dal terziario e dagli impiegati pubblici ci sono più possibilità di lavoro e redditi maggiori, c’è pure da sottolineare che lo stipendio degli impiegati statali ha un valore diverso se si vive in un piccolo centro o in una metropoli dove gli affitti sono alle stelle. Le classi medie si sono sempre più impoverite e hanno perso lo status sociale che avevano un tempo, non è un caso che tra i nuovi poveri ci siano sempre più colletti bianchi. I ricchi sono sempre più agiati, i poveri sprofondano. Sarebbe opportuno – conclude Soldà – aumentare gli stipendi e pensare seriamente ai figli della quasi estinta classe media che, vivendo nel disagio della precarietà, pagheranno il prezzo più alto”.